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Ippica & equitazione

14/04/2016 | 16:56

Ippica ancora al palo e ippodromi in sciopero: ultime chance per salvare un passato glorioso

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ROMA - Aristocrazia e popolo, scommesse e spettacolo, sport e passione per i cavalli: tutto questo è l’ippica italiana, un mondo alle soglie del tramonto, che in passato ha vissuto momenti di splendore, prima di iniziare un declino ancora oggi in corso. Per il 18 aprile diversi ippodromi hanno già decretato lo stop alle corse, al momento sospeso dopo l'annuncio di un nuovo incontro con il Mipaaf. Si tratta dell’ennesimo segnale di sofferenza: le categorie accusano il Ministero dell’Agricoltura di non aver fatto nulla per rilanciare il settore, se non tagliare i bilanci, lamentando anche i pagamenti dovuti agli impianti per il 2015. Eppure c’era un tempo in cui l’ippica italiana era un gioiello che faceva splendere l’Italia nel mondo: non serve neanche andare così lontano, basta partire dal 1998, anno in cui Varenne iniziò la sua marcia di trionfi a cavallo tra due secoli, con una carriera da trottatore (alcuni lo ritengono il più forte nella storia dell’ippica) chiusa nel 2002, per lasciare spazio a quella da riproduttore.

Il fascino delle corse passava anche dalle emozioni nelle tribune - all’epoca sempre affollate e non solo per i grandi appuntamenti - e nelle agenzie di scommessa: negli anni ’70 la raccolta delle giocate sui cavalli riusciva a surclassare quella del Totocalcio, con le alterne fortune dei “cavallari” capaci di sfondare anche la quarta parete dello schermo in “Febbre da cavallo” di Steno, che ancora oggi è un cult in pellicola.

Ma in anni in cui i giochi autorizzati erano pochi e ben definiti, la fortuna passava anche da proposte più pop e popolari, come il Totip (per qualche anno abbinato anche a Sanremo) e la Tris, o anche al Lotteria di Agnano, abbinato a un concorso nazionale.

I primi segnali di crisi vennero dal “prodotto” ippico che, a partire dagli anni ’90, raccoglieva consensi sempre meno crescenti: nel 1986 gli ippodromi contavano su oltre 3,3 milioni di presenze, nel 1990 si era scesi a poco meno di 2,7 milioni, mentre aumentavano gli impianti in attività, erano 36 a metà degli anni ’80, il totale è salito fino a 44 nel 2010, mentre ad oggi sono 38. Impossibile risalire a dati di pubblico ufficiali più recenti, sia per la cancellazione dell’Unire, l’ente ippico che per un breve periodo è stato tenuto in vita come Assi, sia per il passaggio agli ingressi liberi adottati dagli impianti per incoraggiare le presenze sugli spalti.

Per le scommesse, invece, tutto iniziò a cambiare nel 1998, con le prime giocate legali sullo sport, ma con l’ippica che per anni rimase stabilmente ai primi posti per raccolta e sempre in testa rispetto alle scommesse su altri sport.

Il sorpasso e il successivo declino è arrivato poi nel 2006: da allora non solo la raccolta ha iniziato una rapida discesa (dieci anni fa sfiorava i 3 miliardi, l’anno scorso è stata di circa 700 milioni), ma la confusione e l’indirizzo strategico sono completamente mancati, portando a una clamorosa protesta partita l’1 gennaio del 2012: 40 giorni di sciopero, poi interrotto con la promessa di riformare il settore. La girandola di ministri e sottosegretari non ha fermato il tracollo, né dato vita a una effettiva riforma. L’unica novità di rilievo degli ultimi anni è stata la cancellazione dell’Unire, che ha però portato ad un’ulteriore situazione di confusione e alle proteste degli ultimi giorni.


PG/Agipro

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