Attualità e Politica
19/09/2019 | 14:08
19/09/2019 | 14:08
ROMA - Il "distanziometro" in vigore a Domodossola per sale e apparecchi da gioco determina un effetto espulsivo delle attività legate al settore, che richiede un intervento della Corte Costituzionale. Lo ha ribadito un gestore slot del comune piemontese nell'udienza di oggi in Consiglio di Stato, nella quale è stato discusso il ricorso contro la norma (basata sulla legge regionale) che impone almeno 500 metri di distanza tra le attività legate ai giochi e luoghi sensibili come scuole e chiese. Il caso, la cui decisione è attesa entro un paio di mesi, è tornato davanti al Collegio della Quinta sezione dopo la perizia svolta dall'Agenzia delle Entrate di Torino, a cui i giudici di Palazzo Spada avevano chiesto negli scorsi mesi di verificare il presunto "effetto espulsivo" contestato dalla società ricorrente. Il risultato, ha sostenuto l'operatore di gioco durante l'udienza, è però contraddittorio: la perizia ha accertato che il 24% del territorio comunale consente l'apertura di sale e l'installazione di apparecchi, ma secondo la società di slot l'analisi non ha tenuto conto della particolare conformazione del territorio di Domodossola - la superficie edificata corrisponde solo al 2,5% del totale - e del piano regolatore del Comune, che impone ulteriori paletti alle sale. Una combinazione che, secondo la controperizia dell'azienda, rende "off limits" più del 99% del territorio, con appena lo 0,6% a disposizione delle attività legate al gioco. Significativo in questo senso sarebbe il confronto del numero di sale attive prima dell'entrata in vigore della legge, passate da 50 a 3. "Nessuna di queste è riuscita a ricollocarsi - hanno spiegato i legali dell'operatore - Siamo di fronte a una norma che impone il nomadismo imprenditoriale di un'attività lecita". Sulla base di ciò è stata chiesta la rimessione del caso alla Consulta per la presunta violazione del principio di libertà economica.
Le censure sono però state contestate dal Comune, secondo cui gli atti impugnati sono solo una derivazione della legge regionale sul gioco, "garantita" anche questa dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale: in precedenti pronunce, ha ricordato la difesa, la Consulta ha confermato la legittimità di norme locali sul gioco a tutela della salute, pur se più restrittive rispetto all'Intesa trovata tra Stato ed enti locali nel 2017. La perizia, inoltre, "ha fotografato un dato assodato, cioè che i luoghi sensibili si trovano al centro dei territori comunali e dunque solo in periferia è possibile aprire attività legate al gioco". La mancata ricollocazione dei punti vendita, secondo il Comune, può invece essere considerata una "scelta commerciale".
LL/Agipro
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