Attualità e Politica
05/02/2019 | 15:37
05/02/2019 | 15:37
Dal nostro inviato a Londra - La via spagnola e inglese alla pubblicità si chiama regolamentazione. Lo hanno confermato all’Ice di Londra il regolatore spagnolo e un membro dell’Autorità inglese per gli standard pubblicitari. «È un momento assai complicato per il nostro settore ma non abbiamo ancora notizie certe e una timeline precisa delle azioni che la politica vorrà mettere in campo per la regolamentazione della pubblicità sul Gambling in Spagna. Quello che è certo è che non si tratterà di un divieto totale», ha detto Guillermo Olagüe, Sub Director of Gaming Regulation della Spanish Gambling Authority. Lavori in corso da parte delle autorità politiche, pare di capire. «È così. Non si è parlato di divieto totale ma semmai di restrizione, limitazione e comunque regolazione della pubblicità. Dobbiamo ancora capire le reali intenzioni e quindi scendere nell’aspetto tecnico del provvedimento ma qualcosa è già trapelato e ci sarà una restrizione sui bonus dedicati ai players, alle promo e la stretta ci sarà sulla pubblicità televisiva. Le affiliazioni? Ancora non si è parlato di questo ma pensiamo che saranno anche altri gli aspetti che verranno analizzati nella discussione della legge». La spinta alla regolamentazione arriva da quattro gruppi parlamentari, spiega ancora Olagüe: «Il Ministero delle Finanze ha iniziato ad analizzare la vicenda. Serve comunque un decreto regio e tutto deve essere ancora dettato e analizzato dal Governo, dal Ministero e dalla nostra authority. Servono ancora molti passaggi. Il pensiero di fondo è che il settore è davvero molto importante ma si sta rendendo necessaria una restrizione sulla pubblicità».
Il divieto imposto dall’Italia ha avuto un peso nel processo? «Se c’è stato un effetto domino? Di sicuro tutti gli Stati europei si guardano intorno ma crediamo che tutti i mercati regolati ad un certo punto della loro vita si pongano lo stesso problema e inizino a ragionare sulla regolamentazione della pubblicità. Rispetto all’Italia, comunque, non si parla, lo ribadisco, di divieto assoluto. Il problema è la percezione sociale che adesso, anche in Spagna, è davvero molto alta. Pensate di vedere una partita di calcio con i vostri bambini o senza. Ho contato tutti gli spot che vengono trasmessi in Italia e anche in Spagna iniziano ad essere tanti. Da lì aumenta la percezione sociale del fenomeno e su quella dobbiamo lavorare per capire come cambiarla e renderla meno problematica», prosegue l’esponente della Spanish Gambling Authority.
In Inghilterra, il tema della pubblicità del gaming è molto attuale, conferma Andrew Taylor, Policy Executive dell’Autorità inglese per gli standard pubblicitari. «Non c’è un’armonizzazione sul tema, siamo in giurisdizioni diverse quindi le soluzioni possono variare. Italia e Danimarca sono avanti nel proibizionismo, mentre qui nel Regno Unito preferiamo regolare: la procedura è lenta e progressiva. Industria, istituzioni e stakeholders si confrontano prima di varare le leggi. Stiamo facendo continuamente test e verifiche e siamo giunti alla conclusione che certamente alcuni tipi di pubblicità - in particolare con contenuti rivolti ai bambini o in orari televisivi in cui i minori guardano la tv - sono dannosi. Di questo siamo sicuri. Credo in ogni caso che un regime severo che responsabilizzi gli operatori sia meglio del proibizionismo assoluto». A proposito di orari, contenuti e possibili limitazioni, Taylor ha aggiunto che «In Uk abbiamo restrizioni su dove, come e quando puo esserci pubblicità di gaming. Occorre ridurre al minimo l’esposizione dei bambini, incrociando i contenuti degli spot – alcuni dei quali hanno un chiaro appeal verso i più giovani - per proibire quello che può danneggiare i bambini. Per questo abbiamo deciso, ad esempio, di intervenire su spot di gioco con cartoni animati».
NT/Agipro
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