Attualità e Politica
12/12/2018 | 11:10
12/12/2018 | 11:10
ROMA - Sono almeno 4 le corse ippiche truccate scoperte dai carabinieri che oggi hanno arrestato 9 persone, tra boss, allenatori, titolari di scuderie e fantini accusati a vario titolo di concorso in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori e frode in competizioni sportive. Accusa quest'ultima contestata a 3 degli indagati che avrebbero alterato competizioni svoltesi tra il 2016 e il 2017 negli ippodromi di Palermo, Taranto e Follonica.
L'inchiesta condotta dalla DDA di Palermo e denominata "Corsa Nostra" ha svelato gli interessi della mafia sull'ippodromo di Palermo. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la gestione mafiosa dell'attività sarebbe passata dal boss Giovanni Niosi, destituito perché caduto in disgrazia, al capomafia Sergio Napolitano: entrambi sarebbero stati affiancati da persone del mondo delle corse ippiche (Giuseppe Greco, Massimiliano Gibbisi e Salvatore La Gala). I tre, tutti finiti in carcere, avrebbero portato gli ordini dei clan ai titolari di scuderie e fantini complici nel sistema delle corse truccate. Chi non accettava di sottostare ai diktat mafiosi subiva pesanti intimidazioni: dalle minacce di morte (come rivelato dalle intercettazioni), agli attentati intimidatori e alle aggressioni (i collaboratori di giustizia parlano di veri e propri pestaggi dei fantini "ribelli").
Grazie alle gare truccate cosa nostra guadagnava sulle scommesse: Napolitano dava denaro e indicazioni sulle puntate a Gibbisi raccomandandosi di tenere il segreto per evitare che gli appassionati del settore, a conoscenza della frode, puntassero sugli stessi cavalli facendo emergere le anomalie dai sistemi elettronici (anomalia che avrebbe potuto comportare la sospensione della gara). Ad alcuni fantini a proprietari di scuderie - Natale Cintura, Giuseppe Greco, Salvatore La Gala, Giovanni La Rosa, Domenico Zanca e Antonino Porzio - viene contestato il reato di concorso in associazione mafiosa: con la loro complicità avrebbero consentito ai clan di realizzare il pieno controllo sulle corse ippiche. L'inchiesta ha inoltre accertato che tre mafiosi avrebbero intestato fittiziamente i cavalli a prestanomi.
Il blitz di oggi costituisce l'approfondimento di alcuni elementi investigativi acquisiti nell'operazione "Talea" del dicembre 2017 e ha permesso di documentare come cosa nostra esercitasse un controllo sull'impianto della Favorita: in quesl'occasione era stato smantellato l'organigramma dei mandamenti mafiosi palermitani di San Lorenzo e Resuttana, facendo parzialmente emergere anche le infiltrazioni di Cosa Nostra nell'ippodromo di Palermo. La struttura, che sorge ai margini del parco della Favorita, viene chiusa con un decreto formalizzato l'8 marzo 2017 dal ministero delle Politiche agricole, in cui si parla di "infiltrazioni criminali". Un passo arrivato dopo la richiesta del 3 marzo della Ires Spa, società che gestisce l'impianto. La motivazione è una Supertris truccata, il 24 febbraio, e annullata pochi minuti prima della partenza dai giudici di gara, che avevano rilevato manovre poco chiare tra i fantini e un flusso "strano" di scommesse.
RED/Agipro
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