Attualità e Politica
20/03/2025 | 12:30
 
		        	20/03/2025 | 12:30
 
            ROMA – “Pienamente accolte tutte le nostre richieste. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha ritenuto applicabile la direttiva del 2014/23 sui contratti di concessione, nonostante il rapporto concessorio fosse sorto antecedentemente. Ha quindi ritenuto illegittime le proroghe unilaterali non previste originariamente dalla concessione e l'onerosità delle stesse in quanto non compatibili con i principi della direttiva. Un risultato storico per i concessionari del bingo ma che vale anche per l'intero settore del gioco: la proroghe onerose non sono legittime, è ora che il Governo e il legislatore diano certezza e stabilità al settore definendo nel più breve tempo possibile il riordino dell'offerta con gli enti locali pubblicando i bandi per l'aggiudicazione delle nuove concessioni”. Questo il commento dell'avvocato Luca Giacobbe sulla pronuncia di oggi della Corte di Giustizia dell'Ue riguardo la compatibilità con il diritto europeo del regime di proroghe tecniche onerose per i concessionari del bingo, previsto dalla normativa italiana. “Questo risultato – ha aggiunto Giacobbe – va condiviso con la collega Matilde Tariciotti e dedicato ai concessionari Ascob e al suo presidente che ha sempre sostenuto queste cause”.
Adesso la questione, ha spiegato Giacobbe, ritorna al Consiglio di Stato che dovrà decidere definitivamente “dopo una pronuncia piuttosto netta della Corte sulla compatibilità di questo regime di proroghe con il diritto europeo, che non dà tantissimi margini di interpretazione in senso diverso”. Senza dimenticare i ricorsi dei singoli concessionari del bingo ancora pendenti di fronte al Tar, relativi alle proroghe successive a quella del 2022. Potrebbe quindi essere una reazione a catena. “Se anche il Consiglio di Stato – ha commentato l'avvocato – dovesse pronunciarsi contro l'attuale regime di proroga, questo spingerebbe il Governo a decidere in tempi più rapidi sul riordino del settore oppure a pensare a nuove proroghe ma senza onerosità”.
“La Corte – ha specificato l'avvocato – ha esaminato nel concreto la normativa sulla proroga tecnica, che ha costretto i concessionari a continuare a esercitare la propria attività con canoni di pagamento via via sempre più inaspriti. Basti pensare che si era partiti da un canone mensile di 2.800 euro per arrivare fino a 9mila. Questa non era una condizione originaria concordata, in quanto le concessioni non prevedevano una proroga onerosa, oltretutto completamente indipendente dagli effettivi ricavi dei singoli operatori. I concessionari inoltre non possono, di fatto, uscire dal mercato, decidendo di non pagare la proroga. Questo perché non saprebbero quando potrebbero rientrare, visto il clima di incertezza su una gara per nuove concessioni”.
DVA/Agipro
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