Concessioni giochi in Corte Ue, la censura dell’Europa: stop alle proroghe onerose per gli operatori

ROMA - Le proroghe onerose non sono conformi al diritto comunitario. Il principio è stato sancito dalla Corte di Giustizia Europea, chiamata a decidere sui canoni Bingo. Secondo i giudici del Lussemburgo, “il legislatore nazionale non può prorogare unilateralmente la durata di concessioni di servizi e, in tale occasione, quale contropartita, in primo luogo, aumentare l’importo di un canone fissato forfettariamente e dovuto da tutti i concessionari interessati, indipendentemente dal loro fatturato, in secondo luogo, mantenere un divieto di trasferimento dei loro locali e, in terzo luogo, mantenere un obbligo di accettare tali proroghe al fine, per i concessionari suddetti, di essere autorizzati a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione di tali concessioni”. Una vera e propria censura alle decisioni del legislatore italiano, che nel settore pubblico ha considerato la proroga come la scorciatoia più rapida per mantenere il gettito erariale (e a volte aumentarlo) senza l’obbligo di organizzare gare. L’esempio più evidente è quello delle scommesse, in regime provvisorio addirittura dal 2016. La prossima scadenza – che riguarda anche Bingo e Apparecchi da intrattenimento - è fissata al 31 dicembre 2026 ma il messaggio dell’Europa è chiaro: stop con i rinvii e con gli oneri aggiuntivi per gli operatori, è tempo di fare le gare oppure di allungare le licenze senza sovrapprezzi. Sul piano pratico, la causa conclusa stamattina in Lussemburgo tornerà al Consiglio di Stato, che la recepirà integralmente nella redazione della sentenza sui canoni Bingo. La valanga non si è però fermata: i principi fissati dalla Corte Ue costituiranno un precedente anche per le altre concessioni dei giochi pubblici.

NT/Agipro

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