Attualità e Politica
19/08/2020 | 07:45
19/08/2020 | 07:45
ROMA - L'accordo trovato in Conferenza Unificata sul riordino dei giochi non può essere ignorato dalle Amministrazioni locali, anche se l'intesa non è mai stata resa operativa da un decreto ministeriale. Il Consiglio di Stato dà una nuova interpretazione sui limiti orari imposti dai Comuni a sale e apparecchi da gioco, che ribalta la giurisprudenza ormai consolidata sulle contese tra operatori di gioco e amministrazioni. Nel caso in questione, il Collegio della Prima sezione ha deciso di accogliere il ricorso straordinario della Adda Gestioni S.p.A - rappresentata dall'avvocato Cino Benelli - e di annullare l'ordinanza sindacale del Comune di Monza, che prevede lo stop di sale e apparecchi da gioco dalle 23 alle 14. L'Intesa, adottata da Stato ed enti locali a settembre 2017, stabiliva che le caratteristiche dei punti di gioco e i criteri per la loro distribuzione fossero decisi dalla Conferenza Unificata. L'accordo indicava anche una serie di misure generali per il riordino del settore: sull'aspetto temporale, ricorda il Consiglio di Stato, era prevista la possibilità di interrompere «per sole 6 ore complessive al giorno l’uso degli apparecchi da gioco lecito» e tale distribuzione «deve essere stabilita di intesa con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli» Nel caso di Monza, quindi, la norma sui limiti orari risulta «particolarmente restrittiva» e «contrasta con l’espressa previsione dell’Intesa».
È a questo punto che il Collegio prende una posizione diversa dall'orientamento fin qui tenuto dalla gran parte dei tribunali amministrativi sulla questione dei limiti orari. I giudici riconoscono che l'accordo non è mai stato recepito dal decreto del Mef che avrebbe dovuto renderlo operativo, ma non per questo deve essere ignorato. «Alla Conferenza Unificata sono attribuite funzioni di informazione, consultazione, raccordo, consultive, oltre che di adozione di intese e accordi tra lo Stato e gli enti territoriali nelle materie di interesse comune», sulla base del principio della «leale collaborazione». L'accordo trovato in questa sede costituisce quindi «la sede normativamente prevista per l’adozione di una disciplina uniforme» in materia di offerta di gioco, che valga «sull'intero territorio nazionale» e che consenta «ai singoli enti di operare nell'ambito dello schema delle misure concordate».
Tale aspetto diventa ancora più rilevante nel caso del gioco, una materia in cui «sussiste una riserva statale» sulla sua regolamentazione, mentre agli enti locali è riconosciuta la facoltà di disciplinare gli orari e di imporre distanze minime dai luoghi sensibili. «In una materia che incide su una pluralità di competenze concorrenti ed interseca più materie, le relative decisioni, ancorché non ancora recepite in un decreto ministeriale e fintanto che tale recepimento non intervenga, assumono comunque il valore di parametro di riferimento per l’esercizio, da parte delle Amministrazioni locali, delle loro specifiche competenze in materia di disciplina degli orari di apertura delle sale gioco e di funzionamento degli apparecchi da gioco».
Non può quindi essere avallato «l’orientamento giurisprudenziale che, con l’efficacia cogente, nega altresì rilievo all’Intesa quale parametro per misurare la legittimità delle ordinanze» sui limiti orari. L'accordo su questo punto rappresenta infine anche «il punto di convergenza tra interessi contrapposti», come quello dell'Agenzia Dogane e Monopoli di «garantirsi il gettito fiscale derivante dalle attività di gioco», quello imprenditoriale e quello della salute dei giocatori.
Nel caso dei limiti orari di Monza, l'ordinanza è stata emanata anche senza «una approfondita istruttoria» che giustifichi «sul piano della adeguatezza e della proporzionalità» l'adozione dei limiti: il provvedimento è stato quindi annullato.
LL/Agipro
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