Attualità e Politica
02/01/2024 | 14:00
02/01/2024 | 14:00
ROMA – Non è possibile l’insediamento di nuove sale giochi nel Comune di Riccione, né tanto meno la delocalizzazione di sale già presenti sul territorio comunale. Lo ha stabilito la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, che ha accolto l'appello di una sala bingo, rappresentata dall’avvocato Cino Benelli, e ha ribaltato la decisione del Tar Emilia-Romagna che aveva confermato una delibera di chiusura del Consiglio comunale di Riccione. Nel 2019, a seguito del regolamento per le sale gioco all’interno del territorio cittadino e della conseguente mappatura per l’identificazione dei luoghi sensibili, è stata imposta alla suddetta sala la chiusura o la delocalizzazione in una zona non soggetta a divieto. La legge regionale del 2013, infatti, impone che ci siano almeno 500 metri a separare sale giochi e spazi come istituti scolastici, centri sportivi o edifici di culto. Il Tribunale Amministrativo aveva motivato la propria decisione sostenendo che, non avendo espresso la società rimostranze al diniego opposto “dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli allo spostamento dell’attività nel più vasto ambito dei comuni contigui o comunque vicini a Riccione”, non sussistesse “in alcun modo l’effetto espulsivo anche nei riguardi del più ampio ambito territoriale di cui si discute”. A suffragio della tesi, era stata citata una perizia che rilevava “l’esistenza di diverse zone periferiche del territorio comunale utili per la ri-localizzazione”. La parte ricorrente ha espresso le proprie perplessità in merito alla perizia urbanistica, della quale è stata perciò effettuata un’ulteriore verificazione, in quanto “l’appellante ribadisce che, pur avendo fatto tutto quanto razionalmente esigibile da un operatore economico massimamente diligente, si è trovata nell’oggettiva impossibilità di procedere alla delocalizzazione della propria attività di sala Bingo (dentro e fuori dai confini comunali)”.
Dalla verificazione è emerso che le aree che consentirebbero l’insediamento di un’attività di gioco legale occupano appena lo 0,5% del territorio comunale, e queste sono “aree in cui l’effettivo stato dei luoghi, per caratteristiche e consistenze insediative e di urbanizzazione, rende altamente improbabile la possibilità di localizzazione delle funzioni del gioco d’azzardo lecito”. È evidente, dunque, che “l’applicazione del criterio della distanza dai luoghi sensibili comporta l’impossibilità pratica di delocalizzazione di tali attività”. Evidenziata quindi la presenza di un effetto espulsivo “determinato sia dalla modestissima percentuale di territorio comunale utilizzabile (0,5%) sia dallo stato dei luoghi”. Palazzo Spada ha perciò accolto l'appello e annullato la sentenza del Tar, affermando che la delocalizzazione sia “del tutto impossibile” e la decisione non segua alcun “principio di proporzionalità”.
GF/Agipro
Foto credits Sailko CC BY 3.0
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