Attualità e Politica
19/01/2021 | 15:50
19/01/2021 | 15:50
ROMA - II futuro delle sale giochi e scommesse in Umbria è un'incognita e il miraggio della riapertura a marzo non è sufficiente per i gestori che, ormai da mesi, cercano di restare a galla, tra spese fisse che corrono e ristori statali insufficienti. «La preoccupazione più grande è per i nostri dipendenti: fatti salvi i pochi mesi di riapertura, è praticamente un anno che non prendono uno stipendio. Vanno avanti con la cassa integrazione, ridotta al 40%», ma anche quella «tarda ad arrivare. L'ultima mensilità è di ottobre, quella di novembre non si è vista», spiega ad Agipronews Claudio Papini, che gestisce una sala slot a Foligno, insieme alla moglie Camelia. Si tratta comunque, per i due dipendenti, di «cifre molto basse, in media 250-300 euro per uno e 500 euro per l'altro. Nel nostro piccolo, cerchiamo di aiutarli» e «di resistere, ma siamo preoccupati: stiamo accumulando debiti che prima o poi dovremo saldare», spiega. La situazione, anche in Umbria è al collasso: oltre 200 tra sale giochi, scommesse e bingo devono fronteggiare le conseguenze di una chiusura prolungata di oltre 8 mesi complessivi, tra il primo lockdown dello scorso anno allo stop dello scorso ottobre. «La società non guadagna ma gli affitti e le utenze corrono e siamo indietro nei pagamenti. La nostra sala è piuttosto grande: anche stando fermi, dobbiamo sostenere spese fisse per circa 5.000 euro al mese». Una cifra che non si avvicina neanche lontanamente ai contributi ricevuti dallo Stato. «Col primo Decreto Ristori, a giugno, abbiamo avuto 2.000 euro, per un totale finora di circa 4.000 euro. Nel secondo decreto a tutte le attività è stato raddoppiato il contributo, a noi no: eppure avremmo dovuto avere un indennizzo maggiore rispetto ad altre tipologie di sale, perchè per rispettare il distanziamento (nei periodi di apertura, ndr) abbiamo dovuto spegnere alcune macchine».
Tra chiusure e ristori insufficienti, «sembra che chi prende questi provvedimenti non si renda conto di come è strutturata una sala dedicata come la nostra: sicuramente non è un luogo di assembramento, anzi. Ci eravamo adeguati a tutti i protocolli di sicurezza, così come altre attività commerciali: distanziamento, sanificazione dei locali, plexiglass», racconta. «C'erano le condizioni per restare aperti in sicurezza, almeno avremmo avuto un po' di respiro per andare avanti», eppure «lo Stato continua a criminalizzarci agli occhi dell'opinione pubblica: siamo legali, supercontrollati da Questura e Monopoli», oltre a essere «l'unica categoria che non può evadere un centesimo neanche se volesse, perchè è tutto monitorato. Noi esercenti viviamo di stipendio, non vogliamo rovinare nessuno, anzi: abbiamo interesse a che la nostra clientela sia più sana possibile», ribadisce.
«Ci sentiamo l'ultima ruota del carro e il futuro - conclude - è un'incognita. Teoricamente si riaprirà a marzo, ma in pratica non si sa. E quando riapriremo, magari cambieranno le situazioni o la clientela si sarà disabituata: non è detto che tutto tornerà come prima».
MSC/Agipro
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