Attualità e Politica
31/07/2025 | 12:53
31/07/2025 | 12:53
ROMA - Non è sufficiente la presenza di un computer presso un esercizio pubblico per desumere l’intermediazione nella raccolta del gioco online, ma è necessario avere elementi più concreti per accertare l’attività su cui vige il divieto (punito dalla legge 401 del 1989). E’ quanto affermato dall’avvocato Marco Ripamonti - nella qualità di patrocinatore nel giudizio tenutosi il 7 maggio 2025 presso la Corte Costituzionale - a seguito della diffusione della circolare del 29 luglio dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sulla decisione della Consulta che ha dichiarato illegittimo il divieto assoluto e generalizzato - presente nel Decreto Balduzzi 2012 - di installare, presso gli esercizi pubblici, apparecchiature collegate in rete (personal computer e totem telematici self service) che consentano ai clienti di accedere alle piattaforme online. In particolare l’Agenzia – attraverso la circolare inviata alle Direzioni territoriali – chiarisce che “resta invariato il divieto assoluto di installare totem e apparecchiature similari destinate in via esclusiva al gioco online tramite sistemi di navigazione a circuito chiuso o preimpostati”, ribandendo il proseguo nell’attività di contrastare al fenomeno dell’intermediazione e le violazioni del divieto generale di gioco d’azzardo stabilito dal codice penale.
“Decisamente doveroso e corretto è ribadire il divieto di intermediazione, che espone l'autore al delitto di cui all'art. 4 l. 401/89. Da rimarcare tuttavia - dichiara l’avvocato Ripamonti - che la sussumibilità del fatto in tale delitto richiede il previo riscontro circa concreti elementi da cui desumere che l'attività di intermediazione sia stata in effetti svolta. Non va dimenticato, sul tema, che con la Riforma Cartabia in udienza preliminare occorre superare il vaglio di una ragionevole prognosi di condanna, pertanto procedere con denunce e sequestri al cospetto di un computer e di pochi altri elementi indiziari potrebbe rendere concreto il rischio di incardinare un procedimento penale inidoneo a superare l'udienza preliminare, sfociando in un non luogo a procedere e non, piuttosto, in un rinvio a giudizio”.
Esaminando poi altri passaggi della circolare, il legale prosegue: “Resta un'ambiguità di fondo, tra la definizione di raccolta di gioco presso i Pvr ed il chiaro tenore della sentenza della Corte Costituzionale n. 104/2025. Non è detto, infatti, che ‘raccogliere gioco’ sia sinonimo di messa a disposizione di postazioni telematiche con raggiungimento del portale da parte del cliente, il quale possa interagire in modo diretto ed autonomo con proprie credenziali riservate, e previa la libera navigazione.
Per quanto concerne i propositi di Adm inerenti la maggior accuratezza nella raccolta di tutte le informazioni in sede di accertamento, riteniamo che tale modus operandi sia corretto ed appropriato, proprio alla luce della Sentenza della Corte Costituzionale e dei principi in essa espressi”.
In merito alle cause in corso, l’avvocato Ripamonti considera “appropriata la rassegna delle diverse iniziative che Adm si prefigge di attuare in base allo stato delle cause in corso, al fine di pervenire all'annullamento di tutti i numerosi provvedimenti sanzionatori resi in osservanza della norma di legge dichiarata costituzionalmente illegittima” Tuttavia, per ciò che riguarda i provvedimenti già definiti, il legale precisa che approfondendo la questione “possano sussistere i presupposti per ottenere la restituzione di importi già versati in forza di provvedimenti ormai chiusi (es. pagamenti in misura ridotta)”.
“In ultimo - conclude l’avvocato - rileviamo che un'ulteriore importante criticità consista nella mancata considerazione del profilo tributario, atteso che pendono numerosi giudizi in sede tributaria inerenti l'imposta unica, richiesta e calcolata sulla presupposta violazione amministrativa di cui all'art. 7, co. 3 quater, DL 158/2012. Violazione da cui sarebbe scaturita un'illegittima raccolta di giochi e scommesse”.
FRP/Agipro
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