Attualità e Politica
07/08/2023 | 11:32
07/08/2023 | 11:32
ROMA - Non è il titolare di un’agenzia di scommesse Stanleybet a dover versare l’imposta unica all’Agenzia delle Dogane. Non solo, il calcolo delle tasse deve essere effettuato sul margine del bookmaker - in questo caso l’anglosassone Stanleybet – e non sugli incassi, come era stato indicato nell’accertamento dell’Agenzia dalle Dogane, ora annullato. E’ quanto ha stabilito la Corte di Giustizia Tributaria di Perugia, che – in cinque sentenze - ha accolto i ricorsi degli avvocati Daniela Agnello e Vittoria Varzi, ritenendo fondate le eccezioni formulate in tema di presupposti normativi dell’imposizione fiscale. L’Agenzia delle Dogane aveva emesso nei confronti dei titolari dei centri Stanleybet gli avvisi di accertamento in materia di imposta unica sulle scommesse, per l’annualità 2017, applicando la precedente normativa che prevedeva la tassazione dell’8% sul triplo della media degli medi provinciali dell’anno precedente. La Corte ha ritenuto erronea l’imposizione indicata dall’Agenzia e ha statuito che andava applicato il criterio di determinazione dell’imposta sui ricavi dell’attività economica, previsto dalla legge di stabilità del 2016 statuendo che “L’imposizione andava calcolata solo sui ricavi dell’attività del bookmaker, titolare dell’attività economica, con esonero del centro scommesse”. I Giudici tributari, dopo un’ampia valutazione sugli obiettivi della legge, hanno evidenziato che quest’ultima mira a “reprimere il gioco illegale, non è quindi riconciliabile con la peculiare situazione in cui operano Stanley ed i centri affiliati, che non svolgono per nulla attività illecita”. La legittimità del modus operandi della società estera e delle agenzie, è scritto in una nota del legale della società, è stata ampiamente riconosciuta dalla giurisprudenza comunitaria e ribadita dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, attraverso l’equiparazione di Stanley ai concessionari nazionali, “al fine di sanare le discriminazioni e le violazioni del diritto dell’Unione che le avevano impedito di acquisire la qualità di concessionario in occasione delle gare per le concessioni”. La corte perugina ha sottolineato che “Il legislatore ha modificato il quadro della disciplina di riferimento ed i presupposti dell’impostazione tributaria, esonerando i titolari dei centri collegati ad operatore estero dall’imposizione stessa già a far data dall’annualità 2016 con conseguente non assoggettabilità anche dell’attività di Stanley ad alcun trattamento sanzionatorio tributario proprio perché essa non partecipa alla gestione di un’attività di gioco illecita”. Secondo Daniela Agnello, “i giudici tributari continuano a manifestare un orientamento costante che esclude l’imposizione dei titolari dei centri e censura il trattamento sanzionatorio applicato a Stanley. Auspico che l’Agenzia delle Dogane possa prendere atto della giurisprudenza emergente e riconsiderare la sua posizione nei confronti dell’operatore ripetutamente discriminato”.
NT/Agipro
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