Attualità e Politica
05/03/2025 | 10:35
05/03/2025 | 10:35
ROMA – La Commissione Cultura del Senato ha dato il via libera alla risoluzione sul calcio che prevede anche la revisione del divieto di pubblicità del gioco, lo riporta l'Ansa. Il provvedimento, secondo il testo che Agipronews ha potuto visionare, potrebbe quindi portare alla modifica del Decreto Dignità del 2018: la legge di sette anni fa, voluta fortemente dal Movimento 5 Stelle, aveva proibito qualsiasi forma di pubblicità, diretta e indiretta, del gioco. Il Governo, dopo l’approvazione dell’atto di indirizzo in Parlamento, dovrà valutare un provvedimento (un decreto probabilmente) che renderebbe effettive le modifiche. In questo senso sono in programma incontri nei prossimi giorni tra Mef (il viceministro Leo), ministro dello Sport, Andrea Abodi, e Lega Calcio di A, rappresentata dal neo presidente Simonelli. Il ritorno delle sponsorizzazioni del betting avrebbe un impatto economico significativo (il decreto Dignità ha mandato in fumo almeno 100 milioni annui di ricavi per il sistema, ndr), in un calcio italiano che da tempo fatica a reggere il confronto con le big d’Europa in termini di ricavi. Il ministro dello Sport Andrea Abodi ha già fatto capire quale potrebbe essere il criterio chiave di questa riforma: la differenza tra scommesse legali e illegali. In altre parole, la pubblicità potrebbe tornare, ma solo per gli operatori autorizzati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Un tentativo di regolamentare il settore senza aprire le porte a ogni tipo di sponsorizzazione selvaggia. Nella risoluzione, c’è anche l’impegno per il Governo di destinare una parte degli incassi derivanti dalle scommesse direttamente al mondo dello sport. L’obiettivo è creare un fondo che riceva “almeno l’1% dei proventi betting per finanziare la costruzione di nuovi stadi e la riqualificazione di quelli esistenti”. Un obiettivo, quest’ultimo, non semplice da centrare, alla luce delle complesse normative urbanistiche in vigore nel nostro paese. Non solo: si ravvede l’opportunità di “riconoscere un’ulteriore quota anche al sistema calcistico per il perseguimento dei propri scopi istituzionali e per il finanziamento di specifici progetti sociali e sportivi e di formazione dei giovani all’interno delle società sportive”. Il Governo aveva già provato un paio di mesi fa a introdurre una norma all’interno del decreto Cultura ma l’iniziativa del ministro Abodi era stata rinviata per opposizioni interne all’Esecutivo.
CALCIO IN ROSSO – Secondo uno studio pubblicato qualche giorno fa dalla Gazzetta dello Sport, la Serie A è un’azienda in uno stato di deficit strutturale. Emerge qualche timido segnale di miglioramento, ma i numeri rimangono impietosi. E gli stipendi sono ancora in aumento. Il conto economico 2023-24, aggregando i risultati netti dei 20 club che hanno partecipato allo scorso campionato, ha registrato una perdita di 350 milioni. È vero che l’anno prima il rosso era di 435 milioni, ma si tratta pur sempre di una gestione in evidente squilibrio. Tolti i paurosi buchi dell’era Covid (2,8 miliardi bruciati nel triennio 2019-222), il 2023-24 si piazza sul podio delle perdite dell’ultimo ventennio, dietro il 2022-23 (appunto -435) e il 2014-15 (-365). La riduzione del rosso, poi, è dipesa da due fattori non ordinari: l’incremento delle plusvalenze nette di 40 milioni (da 587 a 627) e l’iscrizione nel bilancio del Genoa di un provento di 56 milioni, effetto puramente contabile dello stralcio del debito col Fisco.
NT/Agipro
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