Attualità e Politica
07/03/2025 | 18:45
07/03/2025 | 18:45
ROMA – La controversia fra Agcom e l'operatore di gioco Leovegas – società rappresentata dagli avvocati Alessandro Gigli e Valérie Peano – sulla violazione del divieto di pubblicità del gioco finisce alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Lo ha deciso il Consiglio di Stato con un'ordinanza in cui ha rinviato il caso, come questione pregiudiziale, alla Corte, dopo aver rilevato dubbi nell'interpretazione del diritto europeo applicato alla normativa italiana del Decreto Dignità del 2018.
Nel 2019, l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni aveva multato Leovegas per 50mila euro perché la società avrebbe violato il divieto di pubblicità di alcuni giochi e slot machine in trasmissioni televisive andate in onda, a novembre 2018, sul canale televisivo di proprietà dell'operatore stesso. La società ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro la multa, sostenendo che non fosse compatibile con il diritto europeo: in particolare, con la direttiva (Ue) 2015/1535 sui servizi della società dell’informazione e il principio di libertà di prestazione dei servizi. L'operatore sostiene che l'attività svolta rientrerebbe nella categoria dei "servizi della società d'informazione" e non si tratterebbe quindi di pubblicità. Il Tribunale amministrativo aveva però respinto il ricorso a giugno 2023 e, di conseguenza, Leovegas si era rivolto al Consiglio di Stato.
Nell'ordinanza i giudici di Palazzo Spada hanno illustrato tutte le norme di diritto europeo e italiano collegate al caso, e hanno specificato che la Corte di Giustizia dell'Unione Europea “non ha deciso questioni 'materialmente identiche' a quelle che si esporranno e non vi è, comunque, una giurisprudenza consolidata sul punto”. Ne deriva che “l’interpretazione corretta del diritto unionale non si impone con evidenza, proprio alla luce delle sentenze di codesta Corte, rispetto alle quali il Collegio ha necessità di chiarimenti interpretativi”. Secondo il Consiglio di Stato è inoltre importante distinguere “il servizio generalmente reso da Leovegas” come concessionario di gioco in convenzione con l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”, “il servizio reso da Leovegas mediante il canale televisivo”e “l’attività pubblicitaria dei servizi resi da Leovegas”.
Con queste premesse il collegio pone quattro quesiti alla Corte: nel primo chiede “se e disposizioni della Direttiva (Ue) 2015/1525, e, in particolare, gli artt. 1 e 5 operino anche qualora il servizio, sia effettuato mediante un mezzo di radiodiffusione televisiva”; il secondo sottolinea la necessità di chiarimenti sul fatto che “nel caso di specie, siano in gioco due diverse regole, relative a due tipi di servizi distinti: da un lato, il servizio relativa alla raccolta del gioco, dall’altro il servizio di pubblicità di tale servizio, a cui si riferisce il divieto di pubblicità” previsto dal Decreto Dignità; nel terzo quesito il Consiglio di Stato domanda “se l’omessa notifica ai sensi dell’art. 5 della direttiva (Ue) 2015/1535 sia invocabile da parte di un soggetto privato in un giudizio come quello principale e se, in caso di risposta affermativa e di accertamento della sussistenza della violazione, ciò comporti per il Giudice nazionale l’obbligo di dichiarare inefficace la disposizione del diritto interno, e ciò anche in un caso come quello oggetto del procedimento principale”; il quarto quesito chiede se il divieto di pubblicità del gioco sia compatibile con i principi di libertà dell'Unione Europea.
DVA/Agipro
Foto credits Sailko CC BY 3.0
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