Attualità e Politica
01/09/2020 | 10:23
01/09/2020 | 10:23
ROMA - Le vincite ottenute in casinò situati fuori dall'Unione europea sono soggette a tassazione piena in Italia. È quanto scrive la Corte di Cassazione nella sentenza che rigetta il ricorso di un giocatore marchigiano, condannato dal Tribunale di Macerata e dalla Corte di Appello di Ancona «alla pena condizionalmente sospesa di un anno di reclusione». L'indagato era stato ritenuto responsabile per non aver indicato nella dichiarazione dei redditi 2010 una somma di 1,3 milioni di euro «relativa alle vincite conseguite presso il Casinò di Montecarlo». I giudici della sezione Feriale penale hanno respinto la tesi del giocatore, che aveva invocato l'applicazione del principio affermato dalla Corte di Giustizia Ue, secondo cui «non si possono esonerare le vincite in casinò italiani ed assoggettare a imposizione quelle provenienti da altri Paesi».
La Cassazione conferma che «le vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate nello Stato o negli altri Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito e non sono soggetti ad alcun prelievo alla fonte». Tuttavia, il Principato di Monaco - dove il giocatore aveva ottenuto la sua vincita - «non è uno Stato membro dell'Unione Europea e non aderisce all'Accordo sullo Spazio economico europeo» e anzi «è uno Stato con regime fiscale privilegiato». Le somme vinte da casinò situati «al di fuori dello Stato italiano o degli altri Stati membri dell'Unione europea o aderenti allo Spazio economico europeo» costituiscono quindi «reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione». Per la Cassazione tale interpretazione non costituisce una violazione della libertà di stabilimento, un principio del quale «le imprese che hanno sede nel Principato di Monaco non possono avvalersi, non facendo parte tale Stato dell'Unione Europea». La scelta del legislatore italiano di mantenere il regime di tassazione piena è inoltre giustificato, oltre a ragioni prettamente fiscali, anche dalla necessità «di prevenire il rischio di possibili forme incontrollabili di riciclaggio, autoriciclaggio, di fuga all'estero di capitali o di introduzione in Italia di capitali di incerta provenienza». LL/Agipro
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