Attualità e Politica
09/10/2019 | 13:01
09/10/2019 | 13:01
ROMA - La Corte di Cassazione ha confermato il sequestro preventivo di oltre 215 milioni di euro disposto a novembre 2016 dal Tribunale del riesame di Roma nei confronti di Francesco Corallo, azionista di riferimento di Atlantis/Bplus, accusato dalla Procura di Roma di riciclaggio, peculato, sottrazione fraudolenta di imposte e associazione a delinquere nell'ambito dell'operazione "Rouge et Noir". Si tratta dell’inchiesta che a dicembre del 2016 aveva portato all’arresto dell’imprenditore e al coinvolgimento di altre dieci persone, tra cui anche l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini e sua moglie Elisabetta Tulliani. La difesa di Corallo aveva chiesto la riduzione dell'importo sequestrato a poco più di 99 milioni, sulla base «dei successivi rientri di somme di denaro dall'estero per far fronte ai pagamenti fiscali e del Preu». Una tesi infondata - secondo il Collegio della Sesta sezione penale. «Il delitto di associazione per delinquere - scrive la Cassazione - è idoneo a generare un profitto in via del tutto autonoma rispetto a quello prodotto dai reati fine». Nel caso di Corallo, il Tribunale «ha dato contro adeguatamente» dell'esistenza dell'associazione transnazionale, «promossa dal ricorrente e finalizzata alla commissione di reati di peculato, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte e riciclaggio, con appropriazione di ingenti somme di denaro, corrispondenti al mancato pagamento dei tributi erariali, dovuti dalla società concessionaria Atlantis per l'attivazione della rete e gestione telematica del gioco», trasferendo «la liquidità illecita così accumulata dal 2004 al 2007 su conti esteri (olandesi ed inglesi) di altre società del Corallo», e compiendo «atti fraudolenti mediante trasferimento, tra il 2008 e il 2014, di oltre 150 milioni di euro dai conti correnti della stabile organizzazione italiana verso conti correnti inglesi di altre società del gruppo Corallo».
Il tribunale di Roma ha dunque compiuto una «puntuale ricostruzione» degli importi sottratti all'erario, dei trasferimenti all'estero e degli ulteriori trasferimenti e reimpieghi dei profitti illeciti. La Cassazione sottolinea in particolare il coinvolgimento di Corallo, «promotore e capo dell'associazione», che ha beneficiato dei profitti dell'organizzazione anche nei casi in cui non ha partecipato direttamente al loro conseguimento. La ricostruzione della complessa galassia societaria di Corallo e le somme illecite guadagnate rendono quindi irrilevante il pagamento rateale delle imposte evase. «Non solo detto pagamento successivo attesta la sussistenza dei reati tributari contestati e la consapevolezza di averli commessi - continua la Cassazione - ma proprio il ritardato pagamento non incide né sulla sussistenza dei reati né intacca il profitto già conseguito dall'associazione».
Il Tribunale del Riesame aveva precisato che la rateizzazione e il successivo, parziale pagamento delle rate «ha a oggetto debiti di varia natura, maturati nel corso di diversi anni», e che per questo non può essere stabilito con precisione «in che misura il debito sia stato ridotto». Secondo la Cassazione, dunque, «risulta esaustiva e giuridicamente corretta la valutazione del Tribunale» sul sequestro dei 215 milioni. LL/Agipro
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