Attualità e Politica
19/12/2019 | 10:54
19/12/2019 | 10:54
ROMA - La legge regionale delle Marche contro la ludopatia non comporta un "effetto espulsivo" del gioco d'azzardo, ma è una soluzione adeguata ai rischi di compulsività. A scriverlo è il Consiglio di Stato nella sentenza che respinge l'appello presentato da un operatore di giochi di Civitanova Marche (MC) a cui la Questura aveva negato la licenza per l'installazione di una videolottery. Il no alla richiesta era stato deciso dopo verifica del mancato rispetto del "distanziometro" previsto dalla legge regionale (almeno 500 metri tra spazi di gioco e luoghi sensibili), misura che i giudici di Palazzo Spada confermano legittima. «Il metodo del distanziometro, lungi dall’essere contrastato nella legislazione nazionale e regionale, o nella giurisprudenza, rappresenta, a tutt’oggi, uno degli strumenti cui è affidata la tutela di fasce della popolazione particolarmente esposte al rischio di dipendenza da gioco», si legge. La facoltà degli enti locali di regolamentare su distanze e orari di gioco è stata confermata più volte anche dalla Corte Costituzionale; tali disposizioni sono dirette «al perseguimento di finalità, anzitutto, di carattere “socio-sanitario” e anche di finalità attinenti al “governo del territorio”», ovvero materie «oggetto di potestà legislativa concorrente, nelle quali la Regione, può legiferare nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale». In ogni caso, continuano i giudici, l'individuazione dei luoghi sensibili nelle Marche non è stata così generalizzata e "severa" come in altre regioni, «sicché non può sostenersi che lo spazio per l’autorizzazione di sale gioco sia particolarmente ridotto nella Regione per il fatto che sia stata adottata la distanza minima di 500 metri». Limitare lo spazio per attività legate al gioco non appare sproporzionato al Consiglio di Stato, «perché non si tratta di introduzione di una sorta di “proibizionismo”, che potrebbe sortire effetti contrari sul piano stesso della tutela della salute, né di divieto generalizzato, ma di regolamentazione in corrispondenza di luoghi particolari». Nemmeno si può sostenere che una norma del genere favorisca il gioco illegale: «L’inadeguatezza di tale questione - conclude il Collegio - non può costituire argomento valido per sostenere la non appropriatezza delle limitazioni introdotte al gioco lecito a tutela della salute attraverso il distanziometro». LL/Agipro
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