Attualità e Politica
31/03/2015 | 15:43
31/03/2015 | 15:43
ROMA - Non esiste questione di legittimità costituzionale per i requisiti di solidità - introdotti dalla legge di stabilità 2011 - richiesti dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli agli operatori delle slot machine. E' quanto ha stabilito la Corte Costituzionale nella sentenza sul rinvio disposto dal Consiglio di Stato. LL/Agipro
Slot machine, Corte Costituzionale: "Interessi pubblici giustificano intervento peggiorativo sul rapporto concessorio"
ROMA - Modificare le condizioni originarie del rapporto di concessione è nella facoltà del legislatore e dell'amministrazione. Così la Corte Costituzionale boccia il rinvio disposto dai giudici amministrativi sui requisiti di solidità economica (previsti alla legge 2011) richiesti dai Monopoli di Stato agli operatori delle slot machine. Il Consiglio di Stato aveva sollevato la questione dopo aver parzialmente accolto il ricorso di Bplus relativo al bando per la gestione delle slot, in cui si sottolineava come i nuovi requisiti - che prevedono la verifica dell’intera catena di controllo e il rispetto degli indici di indebitamento fissati dal Ministero dell’Economia - potessero mettere a rischio il diritto acquisito a mantenere la concessione.
Secondo la Consulta, però, "gli interessi pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l’unico limite della proporzionalità dell’incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti". Questo, spiegano i giudici, vale soprattutto per i rapporti di concessione di servizio pubblico, come quelli dei giochi. Sono dunque infondati i dubbi sul contrasto ai principi di uguaglianza, iniziativa privata e proprietà privata tutelati dalla Costituzione: "Il valore del legittimo affidamento risposto nella sicurezza giuridica trova sì copertura costituzionale, ma non già in termini assoluti e inderogabili". LL/Agipro
Slot machine, Corte Costituzionale: "Nuovi requisiti tutelano interessi pubblici e ripristinano par condicio dei gestori"
ROMA - Peraltro, ricorda la Corte, le norme in esame non sono solo conformi a un regime di concessione del gioco pubblico, ma costituiscono anche "una misura minima di ripristino della par condicio dei gestori, del tutto giustificata dalla situazione di vantaggio del concessionario «preesistente»". La Consulta ricorda come i vecchi concessionari abbiano beneficiato di una modalità di affidamento della concessione "privilegiata", in quanto affidata direttamente a fronte di un pagamento, e che dunque le norme in oggetto equilibrano una situazione che andava a loro vantaggio.
Altrettanto infondati sono i dubbi sulla libertà d'impresa. Come già accaduto in passato, la Consulta ribadisce che non c'è violazione della libertà d'iniziativa economica se i limiti imposti hanno come obiettivo l'utilità sociale e la tutela di valori primari della persona. "Le norme denunciate sono dichiaratamente rivolte a contemperare gli interessi privati dei concessionari con i prevalenti interessi pubblici coinvolti nel settore dei giochi e delle scommesse e a migliorarne la tutela, senza che sia dato di rinvenire elementi di arbitrarietà nella loro individuazione. Al raggiungimento di questi obiettivi sono funzionali infatti anche elevati requisiti di onorabilità, di affidabilità e di solidità economico-finanziaria dei concessionari, in considerazione del rilevante valore economico delle attività connesse con il gioco e della conseguente necessità di prevenirne l’esercizio in maniera fraudolenta o per fini criminali". LL/Agipro
Slot machine, Corte Costituzionale: "Sacrificio patrimoniale di Bplus solo un riflesso dei vincoli di gestione"
ROMA - Non può essere fondata, infine, nemmeno la questione relativa alla violazione del principio di proprietà privata. Bplus si era rivolta al Consiglio di Stato sostenendo che i nuovi obblighi avrebbero vanificato gli investimenti realizzati per ottenere la nuova concessione, determinando un "sacrificio patrimonale" eccessivo. Per la Corte Costituzionale, invece, "la supposta perdita totale o parziale del capitale investito costituirebbe al più un’incidenza solo riflessa dei vincoli di gestione imposti dalle norme denunciate, e si collocherebbe, come tale, fuori dall’ambito di protezione della norma costituzionale". LL/Agipro
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