Attualità e Politica
12/06/2020 | 11:20
12/06/2020 | 11:20
ROMA - I centri scommesse collegati a bookmaker esteri senza concessione non possono esercitare la loro attività se non hanno aderito alla sanatoria e non possiedono la licenza della Questura. A scriverlo è il Tar Lombardia sul caso di un esercente in provincia di Brescia, a cui il Questore aveva ordinato la chiusura dell'attività. L'operatore aveva sostenuto di poter raccogliere gioco anche senza l'autorizzazione, in base alla manovra finanziaria del 2015: nel testo della legge - che ha introdotto per la prima volta il condono fiscale per i bookmaker senza concessione - veniva fatta una distinzione tra i centri che avrebbero versato le somme previste per l’emersione (comma 643 dell'articolo 1) e quelli che invece avrebbero solo presentato l’autodenuncia della propria attività (comma 644). Nel primo caso, il centro scommesse ha il diritto di continuare l’attività, ma secondo il Tar tali principi non possono essere applicati nei casi in cui non è avvenuta la regolarizzazione fiscale. Il comma 644 «si limita a prevedere» per i centri privi di concessione «ulteriori obblighi e divieti, facendo però salvo quanto previsto» dalla legge contro il gioco clandestino «che sanziona qualsiasi attività di intermediazione o raccolta di qualsiasi tipo di scommesse senza la necessaria concessione». I giudici ricordano poi il parere del Consiglio di Stato sulla materia, secondo cui «la disciplina di cui al comma 644 dell’articolo 1 non ha introdotto un sistema alternativo» rispetto al meccanismo delle concessioni e delle licenze. Con tale disposizione è stata soltanto introdotta «una disciplina derogatoria "a termine", con la quale - a date condizioni - si è consentito di regolarizzare la propria posizione ai soli "soggetti attivi alla data del 30 ottobre 2014"». Infine, «non pare ravvisarsi alcun profilo discriminatorio della disciplina della sanatoria», visto che l'operatore avrebbe potuto partecipare. «Essendo stata la mancata partecipazione il frutto di una libera scelta dettata dalla volontà dell’operatore - conclude il Tar - non si può ravvisare una violazione del principio di non discriminazione». LL/Agipro
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