Attualità e Politica
08/05/2020 | 12:48
08/05/2020 | 12:48
ROMA - Ha vissuto l'epoca d'oro e il declino, i piani di rilancio accennati e subito naufragati, i disagi sempre pià profondi di un settore che ama e di cui ancora oggi è testimone ineludibile. Maurizio Ughi, amministratore unico di Obiettivo 2016, non ha mai rinunciato a fornire idee e prospettive all'ippica italiana e non lo fa a maggior ragione in un momento come questo, nel quale ai mali antichi si sommano le conseguenze pesanti dell'emergenza sanitaria. Si parte da un'idea intrigante, circolata in questi giorni: la costituzione di un circuito privilegiato, una “Lega di Serie A” degli ippodromi destinata ad ospitare gli eventi più prestigiosi. Ughi ne evidenzia il presupposto inevitabile: «Per arrivare a parlare di Lega degli ippodromi, bisogna che un ente privato compri l'ippica. Il problema però è che un privato si muove se, accanto alla certezza dei costi, intravede anche una buona prospettiva di ricavi. E questo nell'ippica non avviene:, quindi il privato avrebbe solo la certezza dei costi, mentre non potrebbe incidere sui ricavi, gestiti da altri».
Ricavi, uguale scommesse. «Certamente: la privatizzazione dell'ippica sarà possibile solo quando garantirà anche la gestione delle scommesse, ecco perché in passato tentativi simili non sono andati a buon fine».
Nuova Unire, "ritorno al futuro" - E quindi, l'ippica è destinata a rimanere sine die in orbita ministeriale? Non proprio: la visione di Ughi si allarga a un paio di scenari disegnati con dovizia di particolari. Il primo è un “ritorno al futuro”: «Costituire un ente pubblico a cui il Mipaaf trasferisca le competenze ippiche, come accadeva con l'Unire fino a qualche anno fa. Un ministero non è adatto a gestire un movimento come l'ippica. Non perché sia inefficiente, ma perché ha procedure complicate, che non consentono strategie e iniziative rapide e coerenti».
L'Unire però è stata cancellata anni fa, tra echi di sprechi e sfarzi, rimandati per anni da un assiduo tam tam mediatico. Ughi racconta un'altra storia: «L'ippica italiana divenne grandissima dopo che la legge Mangelli, nel 1943, affidò all'Unire tutta la gestione del settore: allevamento, corse e raccolta scommesse. Si arrivò a fatturati notevolissimi e per alcuni anni furono in attività fino a 44 ippodromi. Negli anni Novanta si organizzavano 25 mila corse l'anno. Un lungo periodo di gloria sotto l'egida dell'Unire». Perché finì? «Perché chi gestiva l'ippica lo faceva con la presunzione che il movimento fosse inattaccabile. Invece arrivarono le scommesse sportive e quelle ippiche persero il monopolio. In quel momento sarebbero serviti strumenti di promozione e comunicazione adeguati a reggere la concorrenza, ma l'Unire continuò ad occuparsi solo di allevamenti e montepremi, e i tempi d'oro finirono. Quanto alla successiva abrogazione, si voleva solo dimostrare che lo Stato, in un periodo economico difficile, era in grado di tagliare i costi dell'amministrazione».
Sotto l'egida dello sport - E passiamo al secondo scenario: l'ippica si svincola dalla politica e si rivolge allo sport, ovvero al Coni. In questo caso, l'ente pubblico di cui sopra dovrebbe diventare una vera e propria federazione. «I vantaggi sarebbero notevoli. Prima di tutto, le corse sarebbero finalmente percepite come uno spettacolo sportivo e tutto il movimento cesserebbe di essere considerato soltanto un'industria di scommesse. In secondo luogo, l'ippica potrebbe accedere al credito sportivo, che ha un buon serbatoio di liquidità e prevede tempi di restituzione piuttosto comodi. In questo modo ci sarebbero le risorse per migliorare il livello degli ippodromi italiani e il loro appeal verso il pubblico».
Divenendo un movimento sportivo, il settore cambierebbe pelle anche da un punto di vista formativo e didattico: «Si creerebbe un settore giovanile che oggi non c'è. E questo attirerebbe anche genitori, parenti e amici, formando un substrato di nuovi appassionati. Naturalmente le gare giovanili non contemplerebbero scommesse».
La prima mossa tocca al Governo - Obiettivi ambiziosi, ma la realtà degli ultimi anni è fatta di piani governativi solo teorici, di libri “bianchi” e “verdi” annunciati e subito riposti. Come si fa a cambiare passo? «L'iniziativa spetta al Governo, che avrebbe tutto l'interesse a farlo, visto che da tempo sta finanziando l'ippica a fondo perduto. Qualche anno fa, ai tempi di Martina come ministro dell'Agricoltura, si tentò qualcosa di simile con la legge delega approvata dal Parlamento. Passarono però 24 mesi senza che si facesse niente e l'iniziativa è stata bruciata. Creare l'ente di Stato è il primo passo, poi non sarebbe complicato trasferirlo dal Mipaaf al Coni. L'anagrafica del cavallo rimarrebbe al Ministero, il resto, vale a dire allenamenti e corse, sarebbe di competenza sportiva».
Chiusura sull'attualtà stretta: la ripartenza dopo l'emergenza sanitaria. Ughi fa professione di ottimismo: «Sono convinto che i cavalli faranno da traino alla ripresa. Sento parlare di bozze di protocolli già pronti per essere condivise, quindi credo che fra poco si tornerà a correre. Le scommesse ippiche hanno fatto in passato da apripista per quelle sportive e lo faranno ancora in questa fase delicata, dando coraggio e fiducia a tante piccole imprese di gioco sparse sul territorio».
MF/Agipro
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