Attualità e Politica
03/05/2020 | 16:19
03/05/2020 | 16:19
ROMA - Il corto circuito del pallone si chiude qui, con una nota del Viminale che, di fatto, ha sancito il ritorno agli allenamenti per i club di serie A e, più in generale, per gli atleti degli sport di squadra. Il provvedimento 'liberatorio' è contenuto in una circolare del Viminale diffusa oggi ai prefetti e in vigore dal 4 al 17 maggio. Nella circolare si legge: «E' consentita, anche agli atleti e non, di discipline non individuali, come a ogni cittadino, l'attivita' sportiva individuale, in aree pubbliche o private, nel rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno due metri e rispettando il divieto di ogni forma di assembramento». La nota del Viminale corregge l'epilogo della discutibile gestione del governo e del ministro dello Sport Vincenzo Spadafora nella vicenda del ritorno agli allenamenti degli atleti. Una gestione sfociata con il provvedimento nell'ultimo dpcm secondo il quale si consentiva l'attività di training dal 4 maggio solo “tutti gli atleti professionisti e non professionisti che non praticano sport di squadra, riconosciuti di interesse nazionale da Coni, Comitato paralimpico e dalle federazioni di appartenenza”. In sostanza: ai calciatori veniva fatto divieto di allenarsi anche singolarmente nei centri sportivi dei club. A quel punto il mondo del calcio insorge nei confronti dell'Esecutivo accusandolo di 'discriminazione' rispetto agli atleti individuali e in particolare contro il ministro dello sport Spadafora che, non contento, rincara la dose durante i suoi numerosi passaggi televisivi. A quel punto, scatta il corto circuito. Alcune regioni (Emilia Romagna, Lazio, Sardegna e altre) hanno via via emesso ordinanze che avrebbero riaperto agli allenamenti dal 4 maggio e di fatto sconfessato la linea Spadafora e il provvedimento del governo. Proprio il premier Conte, secondo quanto filtra da Palazzo Chigi, sarebbe intervenuto direttamente, contrariato per lo tsunami di critiche piovute sul governo a causa di una vicenda che si poteva gestire meglio e che ha finito per mettere sotto accusa il governo, già sotto pressione e bersagliato dalle critiche più disparate.
E non è un caso che Palazzo Chigi abbia deciso di non impugnare le ordinanze delle regioni che liberano i calciatori dal 4 maggio. A quel punto, a Spadafora non è rimasto altro che cogliere i 'suggerimenti' del suo governo e fare marcia indietro. Prima il messaggio distensivo (contraccambiato) alla Lega di A. Poi la mossa andata in scena venerdì sera, quando lo stesso ministro invita la commissione scientifica a rivedere la decisione di non concedere gli allenamenti individuali agli sport di squadra prima del 18 maggio. Una mossa assai distante dalla posizione ruvida nei confronti del pallone mantenuta per settimane da Spadafora, fino al day after (29 aprile) della conferenza di Conte - quella in cui annuncia il ritorno agli allenamenti per il calcio al 18 maggio – quando il ministro, di fatto andando contromano rispetto alle decisioni dell'Esecutivo, va di tackle duro sul calcio e in particolare sulla Lega di A: «Il calcio inizi a pensare a un piano B, Vedo il sentiero della ripresa del campionato sempre piu’ stretto... Io penserei a organizzarmi per riprendere in sicurezza il nuovo campionato che dovrà partire a fine agosto – aveva detto il ministro il 29 aprile, il giorno dopo la conferenza del premier -. Del resto comincio a percepire qualcosa da stamattina e penso che la prossima riunione della Lega Serie A potrebbe riservare una sorpresa: la maggioranza dei club potrebbe chiederci di sospendere questa stagione per prepararsi nel migliore dei modi al prossimo campionato”. Non è andata così: club uniti nel voler ricominciare, nessun piano B, la svolta delle regioni e la nota del Viminale che sancisce il ritorno agli allenamenti dei calciatori due settimane prima rispetto alla linea del governo. (Foto: Pixabay)
PF/Agipro
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