Attualità e Politica
28/09/2022 | 10:10
28/09/2022 | 10:10
ROMA - La tassazione a carico dei gestori di centri scommesse deve essere correlata alla reale capacità contributiva e non conteggiata secondo la base imponibile accertata per il calcolo dell’imposta unica dall’Agenzia delle Dogane. L’accertamento fiscale dell’Agenzia delle Entrate va dunque considerato illegittimo. Sono le conclusioni della Corte di Giustizia Tributaria (fino a pochi giorni fa denominata Commissione Tributaria provinciale) che il 23 settembre ha emesso una sentenza di annullamento dell’avviso emesso dall’Agenzia delle Entrate, accogliendo così le censure sollevate dall’Avvocato Daniela Agnello, legale della titolare dell’agenzia collegata a un bookmaker privo di concessione. Il gestore, secondo la sentenza, deve versare le tasse solo sui corrispettivi realmente incassati (commissioni e servizi) e non sull’ammontare dei ricavi: le imposte sull’attività economica sono a carico del bookmaker. L’Agenzia delle Entrate non può dunque ricalcolare la dichiarazione dei redditi del gestore del centro scommesse, prendendo come riferimento l’imposta unica accertata. La vicenda scaturisce da un avviso di accertamento per l'anno d’imposta 2015 avente ad oggetto un maggior reddito d'impresa contestato al titolare di un centro. L’Agenzia delle Entrate assumeva - quale base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'Iva - la medesima base imponibile già accertata ai fini dell'imposta unica (calcolata sulla raccolta media delle agenzie concessionarie, ndr) sui concorsi pronostici e sulle scommesse nei confronti dello stesso soggetto. Tale automatismo è stato censurato dal Giudice Tributario, che ha ritenuto non dovute le maggiori imposte da parte del gestore, in quanto accertate e contestate dall’Agenzia in virtù di una “metodologia di cui si è rilevata la non conformità al dettato Costituzionale”. Come evidenziato dall’avvocato Agnello nel ricorso introduttivo, l’Agenzia delle Entrate sembra aver compiuto un grave errore di interpretazione ed applicazione della norma di riferimento, ritenendo quale reddito del titolare del centro i flussi di denaro intercorrenti tra il bookmaker e il centro. La Corte di Giustizia tributaria territoriale ha censurato espressamente l’operato dell’Agenzia, non solo in virtù di una interpretazione letterale della norma de qua, ma soprattutto in base al principio all’art. 53 della Carta Costituzionale. I Giudici tributari asseriscono che “Una lettura costituzionalmente orientata del comma 67, in rapporto al principio della tassazione correlata alla capacità contributiva” impone di tener conto dell’effettiva attività svolta dal Contribuente. La Corte ha statuito che “essendo del tutto diverse le attività economiche da essi svolte e il connesso rischio economico, che per il bookmaker è legato all’esito della scommessa mentre tale non è per il ctd, i cui ricavi sono indipendenti da tale esito” e giudicato fondato il ricorso. L’avvocato Daniela Agnello commenta: “I Giudici tributari iniziano finalmente a censurare e annullare le verifiche e le indagini tributarie effettuate a carico dei centri scommesse. Il titolare del centro deve rispondere esclusivamente per il servizio transfrontaliero e per le relative commissioni ma non può e non deve pagare in virtù dell’attività economica delle scommesse che rimane a carico esclusivo dell’operatore estero”.
RED/Agipro
Foto credits Brian Turner CC BY 2.0
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