Attualità e Politica
27/01/2022 | 14:44
27/01/2022 | 14:44
ROMA - La battaglia giudiziaria contro la tassa da 500 milioni torna in primo piano dopo l'udienza di oggi in Corte di Giustizia Europea. Sette società hanno sostenuto nuovamente le loro ragioni contro l'extra addizionale introdotta dalla legge di stabilità 2015 (e poi abrogata l'anno successivo) per i concessionari di slot e videolottery. I giudici comunitari, chiamati in causa dal Consiglio di Stato, dovranno decidere se un intervento del genere sia compatibile con il diritto europeo. Un punto su cui i concessionari intervenuti non hanno dubbi: il prelievo operato dallo Stato italiano è ricaduto «solo ed esclusivamente» sul segmento degli apparecchi da gioco, «sfavorendone ed alterandone la libera concorrenza». Per le società la tassa è stata inoltre motivata «solo da mere ragioni economiche» senza motivi di interesse generale. Diversa la posizione del Governo italiano, secondo cui i motivi di interesse generale «sono individuabili nella necessità di un maggiore concorso agli obiettivi di finanza pubblica da parte della filiera a fronte della profonda e perdurante crisi finanziaria». La tassa «ha colpito la categoria economicamente più solida» del settore giochi, «senza procurare quel danno economico rilevante e consistente lamentato, ma del quale non è stata fornita alcuna prova». Si trattava inoltre di una norma con valenza "una tantum", «i cui effetti sarebbero ad oggi già esauriti qualora i relativi obblighi fossero stati adempiuti nei tempi prescritti».
Secondo la Commissione europea, che pure ha presentato le sue osservazioni sul caso, i principi Ue «non si oppongono a una misura nazionale che prevede la riduzione del compenso» per la filiera degli apparecchi, «a condizione che sia giustificata sulla base di un interesse pubblico legittimo e che sia proporzionata». In linea di massima una norma del genere non è contraria nemmeno al principio di legittimo affidamento, a meno che «assicurazioni precise, incondizionate e concordanti siano state fornite all’interessato dall’amministrazione, e che «tali rassicurazioni siano idonee a generare fondate aspettative nel soggetto cui si rivolgono». In questo caso «non è chiaro» se tali condizioni siano state soddisfatte. «Sarebbe in questo contesto interessante esaminare il contenuto delle convenzioni che sono state stipulate tra i concessionari e le autorità italiane».
Dopo l'udienza di oggi la palla passa ora alla Corte Ue, la cui decisione arriverà nei prossimi mesi. Per il 7 aprile, intanto, sono attese le conclusioni dell'Avvocato generale. In base alla risposta dei giudici comunitari, il Consiglio di Stato prenderà poi la sua decisione definitiva, che spetta sempre ai giudici nazionali.
LL/Agipro
Foto credits Gwenael Piaser/Flickr CC BY-NC-SA 2.0
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