Attualità e Politica
12/10/2023 | 13:48
12/10/2023 | 13:48
ROMA - Il 9 ottobre 2023 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge di conversione del decreto-legge 104/2023 recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici, meglio noto come dl Asset, che ha introdotto alcune modifiche alla normativa antiriciclaggio (D.lgs. 231/2007), tra le quali, l’aggiunta, all’art. 16, del comma 2 bis.
Si tratta, riporta un comunicato di As.Tro (l'associazione che rappresenta gli operatori del gioco lecito), di una disposizione che potrebbe avere delle implicazioni sull’annoso problema dei rapporti tra le banche e gli operatori del gioco legale.
Di seguiro un breve commento dell’avvocato Massimo Piozzi, responsabile dell’Ufficio Legale Astro:
"È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre u.s. la legge n. 136/2023 di conversione del decreto-legge 104/2023 'recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici', la quale ha inserito nel decreto-legge l’art. 12 bis che contiene 'Modifiche al d.lgs. 231/2007' (normativa antiriciclaggio).
Per ciò che riguarda il settore del gioco pubblico, appare di particolare interesse l’aggiunta, all’art. 16 del d.lgs. 231/2007, del comma 2 bis che così recita: 'I soggetti obbligati assicurano che le procedure adottate ai sensi del presente articolo non escludano, in via preventiva e generalizzata, determinate categorie di soggetti dall’offerta di prodotti e servizi esclusivamente in ragione della loro potenziale elevata esposizione al rischio di riciclaggio o di finanziamento al terrorismo'.
Come è noto, tra i 'soggetti obbligati' ad adottare le misure c.d. di 'mitigazione del rischio' di riciclaggio sono incluse (tra gli altri), ai sensi dell’art. 3 dello stesso d.lgs. 231/2007, le banche e Poste Italiane S.p.A.
La novità normativa in esame potrebbe, quindi, assumere rilievo rispetto all’annosa questione dell’“ostracismo” che le banche continuano a manifestare nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di gioco lecito.
A parte, infatti, quei casi in cui alcune banche rifiutano l’apertura dei conti correnti alle imprese del gioco legale sulla base di propri “codici etici” (la cui legittimità meriterebbe, peraltro, uno specifico approfondimento), gran parte degli istituti bancari che negano i rapporti di conto corrente alle imprese del gioco legale (rifiutandone l’apertura o recedendo dai relativi contratti per ragioni del tutto estranee alla valutazione del merito creditizio), adottano questa condotta proprio sulla base dell’elevato grado di classificazione del rischio di riciclaggio assegnato alle imprese del gioco dalle autorità di vigilanza, il quale impone alle banche una serie di incombenze che le stesse non intendono assumersi in quanto considerate eccessivamente gravose, sia sul piano operativo che su quello economico.
Quindi, per effetto della novità normativa in esame le banche non potrebbero più legittimamente far leva su questo argomento per esimersi dallo stipulare o mantenere i contratti di conto corrente con le imprese del gioco legale.
Ciononostante, il percorso verso il superamento dell’'ostracismo bancario' non può ancora considerarsi giunto all’auspicato traguardo.
Rimane infatti il problema derivante dalla facoltà, attribuita a ciascuna delle parti dagli artt. 1833 e 1855 Cod. Civ., di poter liberamente recedere dal contratto di conto corrente (o dalle operazioni, a tempo indeterminato, ad esso collegate), fatto salvo il rispetto del termine di preavviso e dei principi di correttezza e buona fede sanciti dagli artt. 1175 e 1375 del Codice Civile.
Alla facoltà di poter recedere liberamente dal contratto di conto corrente è, peraltro, correlata l’assenza di qualsiasi obbligo di motivazione del recesso che, secondo la giurisprudenza ancora prevalente, si traduce nella insindacabilità, da parte del giudice, delle ragioni che hanno condotto l’istituto bancario alla decisione di interrompere il rapporto di conto corrente e, prima ancora, nella impossibilità di poter pretendere che la banca renda esplicite tali giustificazioni.
Salvo il raro caso in cui il correntista, destinatario dell’atto di recesso, sia nella condizione di poter provare i fatti che denotano la “malafede” dell’istituto di credito, l’ambito di operatività dei principi di buona fede e correttezza resta (per effetto di questo orientamento giurisprudenziale) praticamente azzerato.
Sta però emergendo un nuovo orientamento giurisprudenziale (purtroppo ancora minoritario) – v., tra le altre, l’ordinanza del Tribunale di Palermo del 14 gennaio 2021 - secondo cui il controllo della buona fede nell’esecuzione del contratto impone la necessità di conoscere le ragioni che fondano la volontà di interruzione del rapporto di conto corrente, con la logica conseguenza che la banca avrebbe, di fatto, l’obbligo di rappresentare le ragioni giustificatrici del recesso esercitato, almeno tutte le volte in cui risulti destinataria di un’esplicita richiesta in tal senso.
È in questo 'solco', tracciato da tale richiamato orientamento giurisprudenziale, che potrebbe quindi insinuarsi, con una portata rilevante, la novità rappresentata dalla disposizione di cui all’art. 16, comma 2 bis, del d.lgs. 231/07: il riconoscimento del diritto del correntista di ottenere dalla banca l’esplicitazione delle ragioni dell’esercitato recesso ad nutum rappresenterebbe, infatti, lo strumento per far emergere l’esistenza di una condotta illegittima, non solo sul piano della violazione dei principi di correttezza e buona fede, ma anche su quello, ben più pregnante, della violazione di una norma imperativa.
La questione dell’ostracismo bancario nei confronti delle imprese del gioco investe una serie di altre questioni, attinenti, in modo particolare, al ruolo fondamentale assegnato alle banche nell’ambito del sistema del gioco pubblico legale in funzione della tutela dei rilevanti interessi pubblici connessi all’esigenza di tracciare tutti i flussi finanziari che transitano all’interno di questo settore.
Se gli istituti bancari decidono di smarcarsi da questo ruolo, di indubbia rilevanza pubblica, l’intero sistema rischierebbe di collassare, lasciando spazio al mercato clandestino del gioco in mano alle organizzazioni criminali.
Sarebbe quindi auspicabile, con riguardo a quei settori o categorie rispetto alle quali l’esigenza di tracciabilità delle transazioni assume particolare rilevanza pubblica, che il legislatore intervenga introducendo l’obbligo a contrarre a carico delle banche e l’illegittimità del loro recesso in assenza di giusta causa (o, comunque, di particolari ragioni oggettive)".
RED/Agipro
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