Attualità e Politica
14/11/2019 | 13:26
14/11/2019 | 13:26
ROMA - Le proroghe delle concessioni per le scommesse sportive finiscono davanti alla Corte di Giustizia (CGE), per la possibile violazione di alcuni articoli del Trattato dell’Unione Europea (UE). Lo ha stabilito il Tribunale di Parma, inviando gli atti in Lussemburgo e sospendendo il giudizio sull’attività di un’agenzia di scommesse priva di concessione statale, il cui gestore – affiliato al bookmaker maltese Phoenix International, presente in Italia con il marchio “Aleabet” e rappresentato dall’avvocato Pasquale Pittella - era stato accusato di esercitare abusivamente il gioco, con il conseguente sequestro del locale. La decisione del Tribunale arriva proprio nelle settimane in cui il Governo si appresta, attraverso la legge di Bilancio, a estendere ancora una volta le concessioni scadute il 30 giugno 2016, in attesa della gara da indire nel 2020.
Tornando al caso di Parma, il giudice emiliano vuole sapere dal tribunale comunitario se la proroga delle concessioni – assegnate dopo bandi di gara che la stessa CGE aveva dichiarato negli anni scorsi “illegittimi” perché discriminatori verso operatori comunitari – che era stata disposta da una circolare dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli del giugno 2016 sia in contrasto con la Direttiva Ue in tema di appalti. Inoltre, se la stessa proroga “sine die” delle vecchie concessioni, con scadenza naturale al 30 giugno 2016 (una data definita dal giudice “spartiacque” tra un sistema contraddistinto dalla illegittima distribuzione delle licenze e un mercato conforme alle direttive europee), realizzi “una chiusura del mercato nazionale” e impedisca “l’accesso di nuovi operatori stranieri o l’emersione e l’espansione di quelli già esistenti come Phoenix International”.
Secondo l’avvocato Pittella, difensore del titolare del centro scommesse, “i dubbi sul monopolio nelle scommesse sono stati recepiti dal magistrato italiano. L'ordinanza formula cinque quesiti che rappresentano pratiche non solo commerciali, ma anche legislative, volte esclusivamente ad autorizzare direttamente il diritto di raccolta solo a titolari di concessioni già precedentemente censurate dalla Corte di Giustizia, limitando la piena partecipazione al mercato da parte di soggetti manifestamente interessati”. L’emersione e la regolarizzazione dei centri di trasmissione dati, laddove ricorrano i presupposti richiesti dalla legge, sono “gli unici strumenti a disposizione dello Stato per garantire la tutela dell’ordine pubblico”, ha aggiunto.
La società maltese Phoenix – è scritto nell’ordinanza - nel 2016 aveva presentato un’istanza per regolarizzare 50 centri, accolta dall’Adm dietro versamento di 500mila euro, e poche settimane dopo un allegato con una lista di altri 850 agenzie da sanare: in soli 3 casi era arrivato l’ok dei Monopoli di Stato, che avevano respinto la richiesta per i rimanenti 847 punti. Nel mirino del Tribunale di Parma è finita quindi anche la sanatoria fiscale delle agenzie prive di concessione, realizzata nel 2016. Anche in questo caso, i termini per l’adesione della Phoenix – con i conseguenti oneri amministrativi e finanziari - sono ritenuti dal Tribunale italiano “assolutamente inidonei” e ingiustificatamente “restrittivi” e sembrano in contrasto con tre articoli (49, 56 e 106) del Trattato europeo. Alla Phoenix sarebbe stato concesso un lasso di tempo di 16 giorni, dal decreto attuativo alla scadenza per la presentazione delle domande, considerato non sufficiente per predisporre la “documentazione necessaria alla regolarizzazione di 900 punti scommessa e al versamento di 9 milioni di euro”. La parola passa ora alla Corte Ue, che – una volta avviata la causa - potrebbe pronunciarsi nel giro di un paio d’anni. L’Italia, oltre dieci anni fa, era già stata sottoposta al giudizio della Corte UE a causa della proroga senza gara di 329 concessioni per le agenzie ippiche “storiche”.
NT/Agipro
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