Attualità e Politica
23/07/2018 | 10:38
23/07/2018 | 10:38
ROMA - Nel divieto di pubblicità dei giochi previsto dal decreto dignità rientrerebbero anche le affissioni e le insegne delle sale ma, in quest'ultimo caso, l'applicazione della normativa non appare agevole. Secondo quanto riporta Il Sole 24 ore, la questione delle insegne di esercizio è complicata: anche queste sono dei mezzi pubblicitari e in quanto tali, in assenza di espressa deroga normativa, dovrebbero soggiacere al divieto. Qui non esiste alcun contratto, trattandosi di entrata di natura tributaria, anche se l'imposta è dovuta solo per le insegne che superano i cinque metri. Un'applicazione letterale del decreto legge porterebbe a ritenere che tutte queste tipologie di insegne, comprese le vetrofanie che normalmente sono poste sulle vetrine d'ingresso, devono essere rimosse dal 14 luglio, vista anche l'assenza di qualsiasi periodo transitorio. Il che appare complicato, come eccessiva appare la sanzione in caso di mancata rimozione, perché la norma non distingue tra i divieti posti dal primo comma, le cui violazioni sono tutte indistintamente soggette a una sanzione «in ogni caso non inferiore, per ogni violazione, a 50mila euro». Peraltro non spetta neanche al Comune accertare la violazione, perché è previsto che il soggetto competente alla contestazione e all'irrogazione delle sanzioni è l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. La stessa sanzione di 50mila euro si applica anche alle affissioni comunque effettuate, comprese quindi quelle abusive. È evidente che la disposizione dovrà essere meglio esplicitata in sede di conversione in legge. Da un lato pare difficile vietare la collocazione di insegne di esercizio, le quali al massimo potrebbero soggiacere ad un vincolo dimensionale massimo; dall'altro lato, la sanzione minima di 50mila euro appare eccessiva rispetto ad alcune tipologie di violazioni, come può essere un affissione abusiva di un manifesto. Anche la contestazione della violazione dovrebbe essere meglio regolata, perché risulta diffìcile immaginare che l'Autorità per le comunicazioni possa sanzionare, ad esempio, le affissioni.
RED/Agipro
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