Attualità e Politica
04/11/2024 | 12:45
04/11/2024 | 12:45
ROMA – L’interruzione di diciassette ore del funzionamento degli apparecchi da intrattenimento a Venezia è legittima. Lo ha chiarito il Consiglio di Stato, respingendo il ricorso di una società autorizzata a gestire in Veneto oltre sessanta sale da gioco.
LA VICENDA - La società aveva fatto ricorso al Tar per il Veneto ritenendo che i nuovi orari violassero la legge regionale del 2019. Il ricorso si affidava a due motivi. In primis, la delibera di giunta regionale, che aveva individuato le fasce orarie di interruzione del gioco (dalle ore 7:00 alle ore 9:00; dalle ore 13:00 alle ore 15:00 e dalle ore 18:00 alle ore 20:00) sulla scia della legge regionale e dell’Intesa raggiunta in sede di Conferenza Unificata nel 2017, avrebbe illegittimamente riconosciuto ai Comuni la possibilità di aggiungere ulteriori fasce orarie di chiusura. Illegittima - secondo la ricorrente – anche la nota comunale del 2020, che ha integrato i nuovi orari di chiusura a quelli stabiliti dal Regolamento Comunale del 2016: ne è derivato un orario di funzionamento dalle 09:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00, per un’interruzione di diciassette ore giornaliere, a fronte delle sei ore massime di interruzione previste, invece, dall’Intesa raggiunta in sede di Conferenza Unificata. Secondo la società ricorrente, il Comune avrebbe dovuto disapplicare il regolamento alla luce del nuovo quadro normativo; in questo modo, invece, è stato messo in dubbio il senso dell’Intesa, che mirava ad adottare misure omogenee su tutto il territorio nazionale, favorendo “una disparità di trattamento tra le imprese che operano nel territorio del Comune di Venezia rispetto a quelle che operano in altri Comuni che hanno imposto delle restrizioni meno severe, e ciò si tradurrebbe anche in una violazione del principio di libera concorrenza”.
Il Collegio ha sottolineato innanzitutto che il Regolamento Comunale del 2016 non è stato oggetto di tempestiva contestazione da parte della società ricorrente. Al di là di questo, i Giudici hanno ricordato come “l’interruzione del gioco è una azione di rinforzo delle norme regolamentari e/o delle ordinanze in materia di orari approvate dagli Enti Locali”. “I Comuni – si legge nella sentenza – possono aggiungere alle predette fasce di interruzione anche ulteriori fasce orarie di chiusura, anche in relazione alla situazione locale”. Secondo il Collegio esiste “un vero e proprio obbligo da parte dell’amministrazione, nel caso di specie quella comunale, sugli interventi limitativi nella regolamentazione delle attività di gioco, ispirati per un verso alla tutela della salute”. Il Comune, quindi, avrebbe realizzato un bilanciamento "tra gli interessi economici degli imprenditori del settore e l’interesse pubblico a prevenire e contrastare i fenomeni connessi al gioco compulsivo”. Per queste ragioni il ricorso è stato respinto.
GL/Agipro
Foto credits Sailko CC BY 3.0
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