Attualità e Politica
13/03/2019 | 09:05
13/03/2019 | 09:05
ROMA - Francesco Martiradonna, uno dei soci di Centurionbet attualmente agli arresti domiciliari per l’inchiesta “Scommessa” della procura Antimafia di Bari, ha confermato le accuse di gioco online illegale contestate dai magistrati. Secondo quanto apprende Agipronews, i due siti principali utilizzati dall’organizzazione - Betfive e Bet1128 – utilizzavano una modalità operativa definita “co-banco” (in sostanza, bookmaker ed esercente dividono rischi e guadagni, ndr) e denaro contante per scommesse e vincite, violando così le norme anti-riciclaggio nel settore giochi. Su questo aspetto, Martiradonna ha precisato come l’uso del cash nelle agenzie collegate a Bet1128 non fosse peraltro sistematico. L’inchiesta della DDA di Bari, culminata a metà novembre nell’arresto di 22 persone e il sequestro preventivo di beni per circa 200 milioni di euro, faceva parte di un’imponente azione portata a termine con i magistrati di Catania e Reggio Calabria, coordinata dalla Direzione Nazionale Antimafia. Nel corso del blitz, erano stati sequestrati complessivamente beni per un valore di circa 1 miliardo di euro.
Martiradonna, nell’interrogatorio reso qualche settimana fa, ha confermato i legami con decine di “master”, i capi area commerciali, oltre all’esistenza di un accordo con due primari circuiti di pagamento per le transazioni online, ripercorrendo in breve la storia di Centurionbet, che per anni ha gestito i brand dell'associazione, prima da Londra e poi da Malta. Martiradonna ha anche riferito della cessione della società ad un noto bookmaker austriaco: i 12 milioni di euro incassati dalla vendita, ancora depositati in parte nel paradiso fiscale di Santa Lucia, erano stati versati in due tranche, la prima ad agosto 2016 e la seconda qualche mese dopo. Tramite la gestione di centinaia di punti di raccolta sul territorio, che per l’accusa sarebbero stati gestiti da persone riconducibili ai clan, molti milioni di euro sarebbero transitati verso paradisi fiscali. Tra le altre accuse contestate agli indagati, figurano l’intestazione fittizia di beni, il riciclaggio e reati fiscali per aver sottratto all’erario i proventi derivanti dal gioco. L’inchiesta tuttavia non è chiusa: la Guardia di Finanza, secondo quanto trapelato, sta continuando a lavorare sulla rete dei prestanome che nascondono il tesoro della famiglia barese. Nei giorni scorsi, la Direzione distrettuale antimafia di Bari aveva chiesto il giudizio immediato per 21 persone, 20 dei quali accusati di associazione mafiosa: tra loro Vito Martiradonna, i figli Francesco, Michele e Mariano (tutti attualmente ai domiciliari) e Tommy Parisi, figlio del capoclan barese Savino, detenuto in carcere a Napoli per aver violato le prescrizioni degli arresti in casa.
NT/Agipro
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