Attualità e Politica
06/05/2020 | 14:36
06/05/2020 | 14:36
Ripartenza rapida dopo il lockdown con pochi campi a porte chiuse, una 'Lega di Serie A' per gli ippodromi, privatizzazione del settore. Massimo Passamonti, fondatore e per anni presidente di Sistema Gioco Italia con cui fu protagonista dei diversi tentativi di rilancio del settore, storico consulente Sisal, propone una serie di misure per far uscire l’ippica dal pantano della crisi. Una crisi figlia dell’epidemia in queste ultime settimane ma da tempo divenuta strutturale per la mancanza di un efficace progetto politico.
Passamonti, come fa l’ippica a uscire dal lockdown?
«E’ evidente che i criteri per la ripartenza saranno decisi dalla task-force del governo, ci auguriamo che l’ippica non sia l’ultimo settore a sedersi a quel tavolo per discutere come riavviare la macchina. Chi rappresenta l'ippica, in questo senso, deve spingere perché ciò avvenga. A livello internazionale si sta ripartendo, per questo la cosa più importante è stilare in tempi rapidi il calendario delle corse. Si tratta di un passaggio che era già complicato prima della crisi, immagino le criticità che si incontreranno in questi giorni difficili. Ma non voglio pensare male».
Le indiscrezioni istituzionali riportano la possibilità di avviare le corse su tre campi, a porte chiuse e sicuri, con dodici corse giornaliere ciascuno. Potrebbe essere una soluzione valida?
«E’ questa la strada migliore: puntare su pochi campi con uno spettacolo capace di suscitare interesse e appeal per un pubblico di scommettitori anche nuovi, visto che per ora si gioca solo online. Due o tre campi con un programma adeguato, in una fascia oraria adatta ad un pubblico diverso da quello tradizionale ippico. E’ evidente che i giocatori ippici “storici” non possono avere la predisposizione a utilizzare le piattaforme online».
Quale potrebbe essere la ricetta per la riforma del settore?
«Le indicazioni erano già contenute, sin dal 2014, nel disegno di legge delega per la riforma fiscale. Poi, nel 2016, l’intero capitolo di riforma ippica fu ospitato nel collegato agricolo, anche questo oggetto di delega. In entrambi i casi, per le evidenti responsabilità di Governo e opposizione, le deleghe non sono state esercitate e lasciate cadere nel silenzio generale. Da allora a oggi – inevitabilmente - la situazione è via via peggiorata. E’ chiaro che per rilanciare l’ippica, si dovrebbe ripartire da quei tentativi abbandonati senza una valida ragione. In particolare: una 'Lega di serie A' degli ippodromi, pochi e di alta qualità, e una seconda fascia di strutture “territoriali” che potrebbero ospitare meeting legati alle tradizioni locali. E’ evidente che questa classificazione passa per una privatizzazione dell’ippica, tornando all’idea di individuare un organismo di gestione, anche partecipato e controllato dal pubblico, che si muova con ragioni e prospettive di mercato. La parte agricola del settore – vale a dire l’allevamento dei cavalli - deve essere garantita dal ministero. Solo così potrà rinascere un circuito in cui il costo delle corse sarà ripagato dai ricavi provenienti proprio dallo spettacolo ippico, compresa la tv».
Com’è possibile raggiungere l’obiettivo?
«Sarà così solo se al ministero finalmente capiranno che non possono gestire insieme i due momenti che caratterizzano il settore: corse e scommesse».
Come intervenire sulle scommesse, molti anni fa il vero polmone finanziario dell’ippica?
«Occorre incidere incidendo sul costo delle giocate stesse, che hanno una resa erariale più alta perché prevedono quote di prelievo a vantaggio della parte pubblica. Riconosco che, alla luce delle criticità che affliggono il bilancio statale, è possibile per ora solo procedere ad operazioni di maquillage sui prodotti e sulla tassazione, quindi poca cosa. L’unica vera soluzione per uscire dalla crisi sta nella riforma complessiva del settore».
NT/Agipro
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