Attualità e Politica
13/01/2021 | 11:20
13/01/2021 | 11:20
ROMA - Oltre 120mila lavoratori impiegati in tutta Italia, mai nominati nei Dpcm, mentre il Preu aumenta ogni anno. Questa la fotografia del mondo del gioco legale che sta pagando «un carissimo prezzo nella crisi generata dall'emergenza Covid», spiega in un'intervista al "Corriere del Mezzogiorno" Francesco Schisano, 47 anni, due agenzie scommesse, una sala da gioco, due bar tabacchi, con 22 dipendenti, di cui 15 donne, nella zona di Sorrento, in provincia di Napoli. Schisano è nel settore del gioco legale da quasi 30 anni. «Nei Dpcm non ci nominano mai. Non so perché si vergognano di noi. Forse per via di qualche falso moralismo e per preservare le loro prospettive elettorali. Il dato di fatto? Oltre la metà delle aziende di gioco legale stanno pagando un carissimo prezzo - racconta - Considerate che in Italia il settore gioco impiega oltre 120mila lavoratori e nella sola Campania ad oggi si contano già più di 2700 sale chiuse. E il bilancio purtroppo è pronto a peggiorare».
La cosa più difficile, spiega il gestore campano, «è il non riuscire a dare una risposta ai nostri dipendenti sulle date di aperture e sulle misure da mettere in pratica durante lockdown, zone rosse gialle, o arancioni che dir si voglia. Questo perché nel dibattito politico siamo stati completamente dimenticati. E nonostante gli sforzi fatti da tutti noi per riaprire in sicurezza non c'è chiarezza ma permane una sorta di ostilità verso il gioco pubblico, senza considerare che così si torna indietro di 20 anni dando ampi spazi di crescita al mercato delle scommesse e del gioco illegale, che da mesi sfrutta questa opportunità, e si affossa il nostro settore. Eppure, nonostante tutto al momento delle finanziarie si ricordano di noi». In ogni legge finanziaria, ricorda ancora Schisano, «è aumentato il Preu, il prelievo erariale unico che già incide non poco sui nostri guadagni. E' aumentato anche quest'anno. Un incremento già previsto ma che non ha subìto modifiche nonostante la situazione difficile dovuta al Coronavirus che ci ha visto chiudere dall'8 marzo fino al 15 giugno, poi riaprire brevemente fino a una seconda chiusura che c'è stata il 26 ottobre per sale giochi, agenzie di scommesse e sale bingo e il 3 novembre per i corner gioco all'interno di altri esercizi. Nel Dpcm natalizio siamo stati completamente ignorati e ora temiamo che la chiusura si protrarrà oltre il 15 gennaio». Una situazione alla quale si aggiungono «costi come il fitto dei locali e gli investimenti realizzati proprio in questi mesi per essere non solo in regola ma addirittura all'avanguardia per quanto riguarda gli standard sanitari», aggiunge il gestore di Sorrento, a fronte di una riduzione delle entrate «ben più che discreta. Siamo riusciti a salvare solo il 30, forse il 40% del fatturato nei pochissimi mesi di riapertura. Tra l'altro il calo l'hanno subito anche le entrate erariali. Per forza di cose. Quello che spesso ci si dimentica è che noi abbiamo attività regolate da concessioni statali. Ad ogni modo, secondo i dati nel 2019 lo Stato aveva incassato oltre 11i miliardi di euro dal settore dei giochi mentre nel 2020 il gettito previsto è di circa 7 miliardi». Schisano, adesso, chiede «più di ogni altra cosa chiarezza nel modo di percepire chi fa il nostro lavoro. Non siamo venditori di morte o venditori di illegalità ma siamo lavoratori onesti che fanno della legalità il loro orgoglio. Aprendo vinciamo tutti, lo Stato che incassa, noi che riusciamo a sopravvivere e i tanti lavoratori del comparto».
RED/Agipro
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