Attualità e Politica
02/12/2020 | 12:45
02/12/2020 | 12:45
ROMA – «Per quattro mesi abbiamo lavorato in sicurezza. Lo testimoniano i dati dell’Istituto superiore di Sanità sull’andamento dei contagi e quelli del Ministero dell’Interno sui controlli, secondo cui dall’inizio della pandemia, su oltre 6,5 milioni di controlli effettuati nel complesso delle attività commerciali, ristorazione compresa, solo lo 0,18% ha subito una sanzione». La Fipe, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, si affida ai numeri per cercare di sollecitare il Governo a cambiare idea in merito a nuove restrizioni previste durante il periodo natalizio.
La federazione, attraverso una lettera pubblicata dai principali quotidiani italiani, sottolinea come i pubblici esercizi, dopo il primo lockdown, «con senso di responsabilità, si siano preparati a riaprire adottando i rigorosi adempimenti previsti dai Protocolli Sanitari messi a punto dal CTS (Comitato Tecnico Scientifico) e dall’INAIL». Inoltre, nonostante «la politica in questi nove mesi ha sempre sostenuto, ad ogni livello, che fosse necessario il massimo dell’equilibrio tra la tutela della salute e la salvaguardia dell’economia», la Fipe appare preoccupata perché «dopo tutto questo, a quasi otto mesi dal primo lockdown, arriva un nuovo fermo, stavolta a tempo indeterminato».
L’associazione evidenzia poi una differenza di trattamento: «Fa rabbia la pretestuosa distinzione tra attività economiche essenziali e non essenziali: tutte le attività economiche sono essenziali quando producono ricchezza, occupazione, servizi. E tutte le attività sono sicure se garantiscono le giuste regole e attuano i protocolli sanitari loro assegnati» si legge nella nota. La Fipe vuole «trasferire il disagio, la preoccupazione, l’amarezza, spesso anche la disperazione che gli operatori di questo settore stanno vivendo, perché vedono a rischio il futuro loro, delle loro aziende, delle loro famiglie, del loro progetto di vita, che spesso coincide con il loro ristorante, bar, pub, pizzeria, pasticceria, gelateria, azienda di catering, locale di intrattenimento».
Regna, tra gli esercenti, un grande senso di incertezza poiché «da ottobre siamo sottoposti ad uno stillicidio di provvedimenti nazionali, regionali ed in alcuni casi locali: chiusura alle 24, anzi no alle 23, ancora no alle 22 e poi alle 18 e infine chiusura totale, ma solo nelle zone rosse e arancioni, dove opera tuttavia l’80% delle nostre imprese con circa 900 mila addetti».
RED/Agipro
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