Attualità e Politica
28/03/2017 | 13:57
28/03/2017 | 13:57
ROMA - L'assunto è ormai comunemente accettato dall'opinione pubblica e ripetuto dai media: gli italiani giocano di più che in passato. Ma è davvero così? Una nota dell'avvocato Michele Franzoso del Centro Studi Astro contribuisce a fare chiarezza sull'argomento. «Gli studiosi antagonisti del gioco lecito non hanno difficoltà a documentare il + 1000% che ogni anno si sarebbe realizzato nella spesa di gioco lecito dal 2004 ad oggi», ma sono affermazioni discutibili perché prendono come punto di partenza un periodo «in cui Lotto e Totocalcio esaurivano l’offerta di prodotti statali, e l’intera offerta residuale veniva lasciata all’anarchia del sommerso e degli 800 mila videopoker non regolamentati introdotti in Italia a partire dal 1995, sotto forma di videogiochi».
Insomma, in passato non si giocava meno di oggi. Anzi, «esiste uno storico della spesa di gioco che testimonia come oggi si spenda un po’ di meno, in termini di potere di acquisto della valuta, rispetto a quanto il Governo stimava che si spendesse – ai soli videopoker - al 30 dicembre 2000».
Proprio in quella data l'allora ministro del Tesoro Vincenzo Visco dichiarava alla stampa «che 7-800 mila videopoker stavano aggredendo la legalità fiscale, l’ordine pubblico, la salute pubblica, in 80mila bar con un giro di affari in nero di 80mila miliardi di lire l’anno, l’equivalente – in potere di acquisto - di 49 miliardi di euro attuali».
Il videopoker illegale, spiega Franzoso, «restituiva ai giocatori il 40-50% del giocato, e da ciò deriva che ai 49 miliardi di euro che caratterizzavano al 30 dicembre del 2000 il volume annuo di raccolta degli apparecchi (illegali o comunque non disciplinati e fiscalmente non censiti), equivaleva una spesa effettiva dei giocatori pari ad almeno 24,5 miliardi di euro. E parliamo solo dei videopoker». Un dato significativo, specie se confrontato a quello attuale: nel 2016 la spesa totale al gioco lecito nell’anno 2016 è stata di 19 miliardi di euro, a fronte di una raccolta lorda di 95,9.
Dunque, il volume di gioco non sarebbe cresciuto, piuttosto è cambiato il beneficiario finale della spesa: prima era il “nero”, oggi è l'erario. Perché, allora, oggi si parla di centinaia di migliaia di “malati” di gioco, mentre nel 2000 non c’erano? «In realtà i malati sono sempre quelli, non erano milioni nel 2000, non lo sono oggi, ma nel 2000 chi si “ammalava” al gioco illegale poteva contare solo sulle comunità di recupero, oppure rassegnarsi alla “clandestinità socio-sanitaria”. Oggi che il gioco lecito esiste, il malato può “emergere”, esattamente come emerge la sua spesa, e può accedere ai servizi pubblici di cura e di sostegno al reddito».
RED/Agipro
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