Attualità e Politica
29/05/2020 | 16:20
29/05/2020 | 16:20
ROMA - «Sul tema dei giochi c'è bisogno di un chiarimento all'interno della maggioranza. A oggi siamo alle indicazioni dell'ultimo dpcm, che tiene chiuse sale giochi e scommesse fino al 14 giugno. Poi però, paradossalmente, si mettono nuove tasse su un settore chiuso, e mi riferisco alle scommesse». Bastano le prime parole per capire come Franco Mirabelli, vice presidente dei senatori del Pd, non sia perfettamente allineato con la sua maggioranza in tema di giochi. La sua competenza in materia gli permette una visione panoramica, che coniuga la difesa del gioco legale con la necessità di controllare sia gli eccessi problematici che le derive illegali. Spiega ad Agipronews: «Noi l'abbiamo detto più volte: serve una riforma del gioco, perché non si può aumentare il preu o imporre altre tasse ogni volta che servono soldi, e poi dire che si vuole chiudere tutto. Il settore va invece governato, riducendo domanda e offerta e favorendo il gioco responsabile. Chiudere tutto è in contraddizione evidente sia con la previsione di nuove e cospicue entrate dai giochi, sia con l'intenzione di contrastare il gioco illegale».
Al senatore Pd non è piaciuta neanche la decisione di togliere dal Dl Rilancio la proroga delle concessioni fino al 31 dicembre 2022 e al rinvio delle gare a giugno 2021. «Sbagliato pensare di rinnovare le concessioni senza dare nessuna certezza agli operatori. Tutto questo crea un clima assurdo. Ripeto, ci vuole un chiarimento». (segue)
Sulle tracce della riforma Baretta - «Noi l'abbiamo detto più volte», accennava prima: quel “noi” vuol dire che il Pd è tutto sulle posizioni di Mirabelli? «Siamo convinti da sempre che serva una riforma del gioco, che come dicevo prima abbia l'obiettivo di ridurre domanda e offerta. Però facendo questo bisogna essere anche pronti a prevedere meno entrate per lo Stato, non si può avere tutto. Abbiamo sempre detto che si deve giocare in luoghi controllati, in cui si tutelano i minori; che le slot devono funzionare in modalità molto meno aggressive; che vanno messi in campo tutti gli strumenti possibili per limitare l'entità delle giocate». Il riferimento resta l'accordo Stato-Regioni del 2017, su cui lavorò a lungo il sottosegretario Baretta, ai tempi dei Governi Renzi e Gentiloni. «Su queste basi abbiamo lavorato parecchio nella scorsa legislatura – conferma Mirabelli - Abbiamo ridotto il numero delle slot, abbiamo avviato l'introduzione dei nuovi apparecchi con controllo da remoto, per evitare le infiltrazioni della criminalità organizzata. Penso fosse una riforma utile». È in qualche modo riproponibile? «All'inizio di questa legislatura ho depositato un testo proprio basato sulla riforma Baretta, implementata da una serie di osservazioni fatte soprattutto dalle associazioni che si occupano di ridurre i rischi del gioco». Il testo, però, è attualmente lettera morta. «Siamo stati all'opposizione fino a poco fa, poi è scoppiata l'emergenza Coronavirus. Difficile in queste condizioni fare riforme che non siamo riusciti a fare in tempi più propizi».
Il confronto con il M5S - Per avviare un progetto di riordino del settore in senso non proibizionista bisogna convincere il Movimento Cinque Stelle all'interno della maggioranza. Una trattativa tutt'altro che facile. «Non so cosa voglia dire trattare in un caso del genere. La verità è che non c'è stato tempo e modo di discutere, per questo auspico un chiarimento in tempi brevi. Di sicuro, oggi non siamo di fronte a scelte coerenti. Si continua a sottovalutare un'industria da cui dipendono migliaia di famiglie, che vanno riconosciute e tutelate. Alcuni si dovranno riconvertire, perché l'offerta va ridotta, ma la risposta della politica non può essere ideologica. E ripeto: è paradossale chiudere sine die le sale e nello stesso tempo tassare le scommesse».
MF/Agipro
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