Attualità e Politica
12/10/2016 | 18:02
12/10/2016 | 18:02
ROMA - Interrogarsi sul ruolo della pubblicità è ormai “ essenziale” per l’industria del gaming: la discussione sui modelli e sulle strategie pubblicitarie diventerà “centrale” per il dibattito associativo, in quanto le imprese di gioco rischiano di “scomparire” per una reazione di rigetto provocata anche da quelle iniziative promozionali che sfidano la “pubblica percezione” per concentrarsi sui risultati di vendita. E’ quanto sostiene As.Tro, associazione di gestori di slot, commentando le recenti polemiche in tema di pubblicità e riportando all’attenzione del settore l’esperienza che As.Tro ha registrato nei continui contatti con il territorio. Il punto di partenza è che nel 2016 l’Erario incasserà dal gioco lecito la cifra “monstre” di 13 miliardi di euro. Proprio quando il gioco lecito sembrava “soffocato” dalle restrizioni normative e regolamentari adottate da Sindaci e Regioni, sottolinea l’associazione, “ la performance erariale raggiunge il picco storico”. Da un lato, lo Stato non può (certamente) rinunciare a questi introiti erariali, dall’altro lato, invece, dovrebbe iniziare a pianificare un percorso di rinuncia ad essi, per mantenere fede ad alcuni impegni assunti in tal senso. Uno stallo logico che si ripercuote anche sull’accordo in Conferenza Unificata, laddove i termini della “transazione” sul gioco sono comunque prospettati (al netto dei proclami) senza rinunciare al gettito. Ipotizzando una contrazione della raccolta lorda dei prodotti sacrificati (quindi solo per le AWP a moneta metallica installate in bar e tabacchi), i miliardi mancanti ben si compensano con due “contromisure”: un cospicuo incremento della “resa” degli altri prodotti di gioco e l’inasprimento della pressione fiscale sugli apparecchi AWP “superstiti”. Per conservare la fiscalità degli apparecchi sopravvissuti si abbassano i pay-out. Per incrementare i prodotti diversi dagli apparecchi da gioco serve una pubblicità cospicua e incessante, ma soprattutto mirata a coltivare e sedurre quel mercato a cui la slot piace poco o nulla. In particolare si punta sui giovani che sul web vivono oramai la loro dimensione complementare alla reale, sugli appassionati sportivi e su chi segue le estrazioni, ai quali la pubblicità serve per ricordare che l’evento - anni fa settimanale - ora ha una cadenza ogni 10 minuti. Entrambe le contromisure – spiega As.Tro - bilanciano quel sacrificio annunciato alle slot, la cui risonanza mediatica “serve proprio per far dimenticare quella che all’inizio della “crociata” anti-gioco era il cavallo di battaglia, ovvero il divieto di pubblicità. La slot non conosce pubblicità, perché non le serve: si propone al pubblico e se non “lavora”, l’apparecchio viene spostato fino a trovare il posto giusto”. Secondo As.Tro, tutti gli altri prodotti di gioco lecito, invece, “vivono grazie alla pubblicità, tramite la quale si eleva a “mantra” il messaggio della vincita risolutiva, ma soprattutto si incentiva ad iniziare a puntare grazie ai bonus di benvenuto”. L’esperienza che AS.TRO sta conducendo nei Territori, incontrando quasi una Amministrazione Comunale al giorno, conferma, poi, come la pubblicità sul gioco sia “percepita dalle persone “normali” come un vulnus all’equilibrio e alla accortezza che dovrebbe ispirare la distribuzione del gioco legale, una autentica minaccia per ogni tentativo di politica locale finalizzata alla sensibilizzazione e responsabilizzazione delle cittadinanze”. Partendo dal presupposto che è l’Erario il principale “portatore di interesse” (incassa infatti una somma “netta” pari a tutti i ricavi lordi di tutte le filiere messe insieme, per poi incamerare anche i singoli gettiti ordinari di impresa), As.Tro sottolinea come “ogni sforzo che il Legislatore compie per approcciare il divieto di pubblicità finisce per essere “stoppato” da progetti - mediaticamente assistiti - di riduzione/pseudo azzeramento della AWP nei bar e nei tabacchi. Con la pubblicità, infatti, il “portafoglio” dei giochi pubblici ha iniziato il suo percorso di avvicinamento al mercato del futuro, quei giovani che (oramai è certo dopo le plurime indagini condotte sul punto), annoverano la slot (e per di più quella del bar) come la quattordicesima preferenza di azzardo, e la cui spesa di gioco “sfugge” ad un collegamento psicologico con lo stipendio e quindi con la consapevolezza di valore del denaro”. Il tema che alcuni avevano intuito come “centrale”, secondo l’associazione di gestori, “è stato quindi sapientemente allontanato dai riflettori, sfruttando la modesta conoscenza che per tanti anni si è profusa sul mondo del gioco. Il compito di una rappresentanza evoluta, i cui iscritti annoverano imprese dedite a tutti i prodotti di gioco del portafoglio pubblico, è quella di “scindere” l’interesse erariale da quello industriale, che presuppone sempre un corretto equilibrio tra successo dell’iniziativa economica e accettazione sociale della stessa. In questo contesto “interrogarsi” sul ruolo della pubblicità diventa essenziale: per delle imprese territorialmente radicate, in discussione non c’è “il valore di un asset” in un trimestre, ma la dignità aziendale che il territorio non può concederti se ti approcci (col gioco) con il medesimo “cinismo” del venditore di merendine. La discussione sui modelli e sulle strategie pubblicitarie diventerà pertanto “centrale” per il dibattito associativo, in quanto le nostre imprese rischiano di “scomparire” per una reazione di rigetto provocata anche da quelle iniziative promozionali che sfidano la “pubblica percezione” per concentrarsi sui risultati di vendita”. RED/Agipro
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