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Ultimo aggiornamento il 06/10/2025 alle ore 14:20

Attualità e Politica

06/10/2025 | 11:36

Giochi, per il Consiglio di Stato è illegittimo l'aumento del canone per le sale bingo: "Incompatibile con diritto UE, condizioni economiche da rinegoziare"

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Giochi per il Consiglio di Stato è illegittimo l'aumento del canone per le sale bingo: Incompatibile con diritto UE condizioni economiche da rinegoziare

ROMA - L'aumento da 2.800 a 7.500 euro mensili del canone per le concessioni delle sale bingo, come previsto dalla legge di bilancio 2018, è incompatibile con il diritto dell’Unione Europea. E' questa la motivazione principale con cui il Consiglio di Stato ha accolto l’appello proposto dall’Associazione Nazionale Italiana Bingo (ANIB) e dalla società Play Game S.r.l., ribaltando la precedente decisione del Tar Lazio, che aveva invece respinto il ricorso.

I giudici di Palazzo Spada hanno riconosciuto che la proroga tecnica delle concessioni, introdotta senza nuova gara, costituisce una modifica sostanziale dei contratti, in violazione della direttiva europea sulle concessioni. Di conseguenza, né il Ministero dell’Economia e delle Finanze né l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli potevano imporre l’aumento del canone, né rifiutarsi di rinegoziare le condizioni economiche in presenza di eventi straordinari (come la pandemia da Covid-19). 

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza dello scorso 20 marzo 2025, aveva chiarito che il regime di proroga tecnica delle concessioni del Bingo in Italia non è compatibile con il diritto europeo. Secondo la Corte, la direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione è applicabile anche a quelli firmati prima dell'entrata in vigore della direttiva stessa, “ma siano stati prorogati da disposizioni legislative che hanno posto a carico dei concessionari interessati, quale contropartita, in primo luogo, un obbligo di pagare un canone mensile, il cui importo è stato successivamente aumentato, in secondo luogo, un divieto di trasferimento dei loro locali e, in terzo luogo, un obbligo di accettare tali proroghe per essere autorizzati a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione di dette concessioni”. Di conseguenza, il legislatore nazionale non può prorogare unilateralmente “la durata di concessioni di servizi".

Una decisione che per il Consiglio di Stato “non sembra – si legge nel testo – prendere in considerazione in modo specifico alcune questioni interpretative”. Il riferimento, in particolare, è a eventuali violazioni del “principio di proporzionalità, perché la misura restrittiva non è adeguata e idonea” e del “principio di concorrenza per il mercato, perché la scelta di prorogare le concessioni e di posticipare l’avvio delle gare impedisce agli operatori di settore l’esercizio della libertà di impresa, quantomeno sotto il profilo della necessaria programmazione e pianificazione delle attività”. 

I giudici di Palazzo Spada hanno dichiarato fondato il ricorso delle società ricorrenti e hanno riconosciuto il diritto dei concessionari a una rinegoziazione delle condizioni di pagamento del canone, in modo proporzionale alla capacità effettiva delle sale e alle condizioni di mercato.

FP/Agipro

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