Attualità e Politica
31/07/2025 | 19:51
31/07/2025 | 19:51
ROMA - L'ammonizione subita dal portiere dell'Udinese Maduka Okoye, durante la partita contro la Lazio dell'11 marzo 2024, non è stata casuale ma non si tratta di illecito sportivo, bensì solo di "violazione dei principi di lealtà e correttezza". Sono queste le motivazioni per cui il Tribunale Federale Nazionale della Federcalcio ha condannato il calciatore a due mesi di squalifica, escludendo però l'accusa di match-fixing, secondo cui Okoye si sarebbe fatto ammonire volontariamente, per perdita di tempo, con l'obiettivo di influenzare l'esito di alcune scommesse.
Il caso è iniziato il 14 marzo 2024 quando, come si legge nella sentenza, l’Agenzia delle Dogane e Monopoli (Adm) ha segnalato alla Procura Federale della Figc un flusso di anomalo di scommesse riguardante l’incontro Lazio-Udinese dell’11 marzo 2024, terminato con il risultato di 1–2. In particolare Adm aveva rilevato numerose scommesse sul cartellino giallo a Okoye, sottolineando come "il volume di gioco sul giocatore e sul mercato attenzionato risulta elevato rispetto alla consueta media e di proporzioni elevate rispetto al volume registrato per altri calciatori". La Procura della Figc aveva inizialmente archiviato il caso a luglio 2024, per poi riaprirlo lo scorso giugno su spinta dell'inchiesta penale della Procura di Udine, che ha messo sotto indagine Okoye e il ristoratore di Udine, Diego Giordano, che avrebbe scommesso sul cartellino giallo del calciatore.
Okoye, ascoltato dalla Procura di Udine, ha dichiarato di "aver frequentato il ristorante e di conoscere il sig. Giordano in quanto proprietario del locale". Ha confermato inoltre "di essere stato presso il ristorante pochi giorni prima della partita contro la Lazio e di aver confidato al sig. Giordano di essere nervoso a causa di problemi familiari e di aver timore che questo suo stato d’animo potesse influire negativamente nel corso della gara". Ha però negato "di aver preso accordi con lo stesso per l’effettuazione di scommesse sportive". Il Tribunale della Figc, dopo aver ricevuto gli atti della Procura di Udine, ritiene senza alcun dubbio che "circa due giorni prima dell’incontro Lazio-Udinese, Okoye, presso il ristorante di Giordano, abbia riferito a quest’ultimo che si sarebbe fatto ammonire durante la gara contro la Lazio". "Tale circostanza trova infatti conferma - si legge nella sentenza - nelle dichiarazioni rilasciate dal sig. Giordano in sede di primo interrogatorio innanzi alla Questura di Udine. Lo stesso Okoye, del resto, in udienza non ha escluso detta possibilità laddove ha affermato di aver confidato al sig. Giordano di essere nervoso a causa di problemi familiari e di aver timore che questo suo stato d’animo potesse influire negativamente nel corso della gara".
Secondo il Tribunale, "la circostanza che un calciatore, dichiari a terzi soggetti, prima dello svolgimento di un incontro, fatti o situazioni attinenti la gara a cui parteciperà, addirittura affermando che nella gara si sarebbe fatto ammonire o, comunque, lasciando intendere tale possibilità, a prescindere dallo scopo per cui la dichiarazione viene fatta, configura senza ombra di dubbio una violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità a cui ogni tesserato deve conformare la propria condotta". Inoltre emergono una serie di elementi "che inducono a ritenere che l’ammonizione del sig. Okoye non sia stata casuale". In primo luogo - si legge nelle motivazioni - risulta alquanto anomalo che a fronte di un flusso di scommesse concentrate, senza combinazione di altri pronostici, sull’ammonizione (per giunta) del portiere della squadra ospite Okoye, tutte effettuate in un arco temporale ristretto e localizzate nella città di Udine, e soprattutto a fronte della circostanza che pochi giorni prima lo stesso Okoye, insieme a colui che ha effettuato le scommesse, abbiano discusso della possibilità di tale evento, lo stesso si sia poi effettivamente verificato".
"Nell’ordinamento sportivo - conclude il Tribunale - il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio, laddove la prova di un fatto può anche essere e, talvolta, non può che essere, logica piuttosto che fattuale". Per questo è stata ritenuta congrua "la sanzione di mesi 2 di squalifica in gare ufficiali, a decorrere dall’inizio della prima competizione ufficiale della stagione sportiva 2025/2026".
DVA/Agipro
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