Attualità e Politica
04/07/2019 | 15:38
04/07/2019 | 15:38
ROMA - Dalla severità inflessibile delle normative anti-ludopatia alle recenti, significative retromarce: ferme restando le ragioni di una seria lotta agli eccessi patologici, il vento attorno al settore dei giochi sta cambiando, soprattutto perché nel passaggio dalla pura teoria legislativa all'applicazione pratica sul territorio il mondo politico ha perso per strada molte delle certezze sull'efficacia di strategie proibizioniste per ridurre l'offerta, in particolare delle distanze minime dai luoghi sensibili. Una riflessione accompagnata dalle conclusioni di studi come quello presentato oggi dalla Cgia di Mestre e da pareri istituzionali particolarmente probanti, tra cui quello contenuto nella recente Relazione della Corte dei Conti sul Rendiconto generale dello Stato 2018: «La riduzione del numero degli apparecchi da intrattenimento stabilita dalle norme nazionali – si legge - unita all’inasprimento delle limitazioni di distanze da luoghi sensibili e degli orari di gioco da parte di norme regionali e locali, ha determinato una contrazione del mercato legale e un probabile incremento dei fenomeni illegali». Simile, qualche tempo fa, la presa di posizione del procuratore capo della Repubblica di Brindisi, Antonio De Donno: «Proibizionismo e para-proibizionismo altro non sono che l’anticamera del gioco illegale gestito dai settori malavitosi. Alcune iniziative assunte dalle autonomie locali, come lo strumento del distanziometro e la compressione degli orari giornalieri nei quali è possibile esercitare il gioco legale, certo inconsapevolmente, producono il rischio di una ripresa dell’area dell’illegalità». Su sentieri simili si sono mossi anche alcuni tribunali: il Tar Toscana un mese fa ha respinto un ricorso che i titolari di una discoteca avevano presentato lamentando l'eccessiva vicinanza a una sala giochi già esistente. Secondo i giudici, «il rispetto della distanza minima tra i due luoghi deve essere reciproco, e quindi dovuto anche da parte di una nuova attività».
Il proibizionismo si trova peraltro a fare i conti anche con lo spettro della disoccupazione. Lo si è capito nella primavera del 2017 quando, secondo la legge della Liguria, dovevano chiudere tutti i punti di gioco e le slot già esistenti e non in regola con il distanziometro. Un taglio che praticamente interessava il 90% dell'offerta e determinava la perdita di migliaia di posti di lavoro. Di fronte a questa prospettiva, la Giunta Toti ha deciso di sospendere la legge prima per un anno e poi sine die. Altre Regioni, nei mesi successivi, hanno seguito strade analoghe: l'Abruzzo e le Marche hanno prorogato le autorizzazioni esistenti di due anni, la Puglia ha fatto di più, salvando a tempo indeterminato tutte le vecchie licenze e riducendo sia il distanziometro (da 500 metri a 250) sia i luoghi sensibili. In controtendenza il solo Piemonte, la cui legge è entrata regolarmente in vigore tagliando nel 2017 quasi tutte le slot negli esercizi pubblici e disponendo la chiusura delle sale a partire dal maggio 2019. Il nuovo presidente Cirio, subentrato dopo le ultime elezioni regionali, ha però già fatto capire di essere intenzionato ad ammorbidire significativamente la legge.
MF/Agipro
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