Attualità e Politica
04/01/2018 | 15:55
04/01/2018 | 15:55
ROMA - «Quella dell'ultimo Governo è stata senza alcun dubbio la peggiore gestione politica dell'ultimo decennio, per quanto riguarda i giochi pubblici. Hanno mirato a far passare il tempo senza prendere decisioni, giusto per passare la patata bollente al prossimo Esecutivo». Va giù duro Maurizio Ughi, amministratore unico di Obiettivo 2016, e come di consueto non si perde in metafore e bizantinismi. Anzi, per rendere la sua critica ancora più chiara e nello stesso tempo costruttiva, lo scorso 2 gennaio ha fatto pubblicare su “Il Giornale” una pagina in cui si è rivolto a un fantomatico “Ministro dei Giochi Pubblici con Vincita in Denaro” del prossimo Governo, datando appositamente la lettera al 4 aprile 2018.
L'idea è più di una provocazione. Come nasce?
«Nasce perché i guai combinati in questi ultimi anni dimostrano che un settore che muove 100 miliardi l'anno e dà allo Stato dieci miliardi non può essere in mano a un sottosegretario. Ci vogliono un ministero e un Ministro. Come accenno nella lettera, il mondo dei giochi coinvolge aspetti che riguardano attualmente vari ministeri. Parlo di salute, ordine pubblico, fede pubblica, fino agli interessi dei lavoratori delle aziende che rischiano di chiudere e agli interessi dei consumatori finali, i quali se non troveranno più l'offerta statale si rivolgeranno al gioco non autorizzato».
Un altro ministero: ma così non si aumentano i già elevati costi statali?
«No, perché la struttura già esiste. Mi riferisco ai Monopoli di Stato, che potrebbero davvero trasformarsi nel nuovo Ministero dei Giochi Pubblici. Al posto della figura del Direttore dovrebbe esserci quella del Ministro, con la possibilità di emanare decreti autonomi. Attualmente la struttura di Adm è puramente esecutiva, per muoversi ha bisogno di una legge. Trasformata in un vero Ministero agirebbe con maggiore autonomia ed efficacia».
Il sottosegretario Baretta non ha potuto o voluto fare di più?
«Baretta ha fatto per lo più grandi annunci, senza farli seguire da soluzioni reali. L'accordo siglato il 7 settembre scorso con gli enti locali in Conferenza Unificata doveva risolvere il problema della distribuzione del gioco sul territorio nazionale, ma dice tutto e il contrario di tutto. Da una parte si legge che gli investimenti delle aziende vanno tutelati, dall'altra si inserisce una clausola che salva i regolamenti locali, dando in pratica la possibilità a regioni e comuni di spazzare via il gioco dal loro territorio. Nella realtà il Governo non ha avuto il coraggio di decidere. Tanto è vero che il decreto del Mef che doveva far seguito all'accordo non è mai apparso, perché al Ministero non sapevano come scriverlo».
Il bilancio è dunque totalmente negativo?
«Stiamo ai fatti. Le gare previste da tempo non sono state lanciate, e siamo sotto infrazione comunitaria. Nelle regioni si susseguono le leggi espulsive del gioco, che il Governo si è guardato bene dall'impugnare. Entro maggio del 2015 si doveva fare il nuovo codice dei giochi, rimasto lettera morta. Ora siamo alla resa dei conti: per evitare la sparizione dei giochi dal territorio, il prossimo Governo dovrà necessariamente fare qualcosa».
Intanto, in Piemonte ed Emilia Romagna stanno già partendo le lettere agli esercenti, con l'ordine di chiudere o di trasferirsi. A suo avviso cosa può fare il settore per difendersi?
«Vedo solo un modo: ricorrere in tutte le sedi possibili. A cominciare dal Tar, per proseguire al Consiglio di Stato, fino ad arrivare se necessario alla Corte di Giustizia Europea».
MF/Agipro
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