Attualità e Politica
15/01/2018 | 15:09
15/01/2018 | 15:09
ROMA - «Chiedo ai grandi testimonial di evitare la pubblicità sul gioco». L'appello che Luigi Di Maio ha lanciato ieri nell'ambito del suo “Rally Tour” è solo l'ultima presa di posizione su un tema che in tempi recenti ha interessato a più riprese la politica. In Parlamento è giacente un disegno di legge, firmato tra gli altri dall'onorevole Binetti, che prevede il divieto di "qualsiasi forma, diretta o indiretta, di propaganda pubblicitaria, di comunicazione commerciale, di sponsorizzazione e di promozione di marchi o prodotti di giochi con vincite in denaro, offerti in reti di raccolta fisiche o on line". Analogo il testo di un'altra proposta di legge, di cui è relatore il Pd Federico Ginato. Lo stesso sottosegretario all'Economia Baretta, impegnato nei mesi scorsi in una lunga trattativa con gli enti locali proprio in materia di giochi, ha più volte individuato nell'abolizione della pubblicità di settore un preciso obiettivo politico.
Ma quali sono le norme in vigore? E quali gli investimenti complessivi? Di seguito, riassunta per punti, la situazione attuale.
Pubblicità del gioco pubblico: a quando risalgono i primi provvedimenti mirati?
Il primo intervento è contenuto nel cosiddetto decreto Balduzzi, convertito in legge l'8 novembre 2012. Il provvedimento punta a tutelare soprattutto i più giovani e vieta la pubblicità sul gioco «nel corso di trasmissioni televisive o radiofoniche e di rappresentazioni teatrali o cinematografiche rivolte ai minori». Non solo: le comunicazioni commerciali sono proibite anche sulla stampa quotidiana e periodica destinata ai giovani al di sotto dei 18 anni. In ogni caso, sono vietate su tutti i canali le pubblicità quando incitano ed esaltano il gioco e quando non riportano formule di avvertimento sul connesso rischio di dipendenza.
Quali sono le regole vigenti sul versante radiotelevisivo?
La normativa attuale deriva dalla legge di Stabilità 2016 (in vigore dal 28 dicembre 2015) e dal relativo decreto del Mef (emanato il 19 luglio 2016). Le pubblicità sui giochi sono vietate dalle ore 7 alle 22 di ogni giorno nelle trasmissioni televisive generaliste, vale a dire quelle in onda sui canali da 1 a 9 del telecomando, Proibite anche le trasmissioni indirizzate prevalentemente ad un pubblico di minori. L'orario limitato non si applica ai programmi di Mediaset Premium e Sky. Esclusi anche i canali tematici a pagamento, le tv locali, le radio nazionali e locali.
Le limitazioni di orario si applicano alle pubblicità di tutti i giochi?
Tutti. L'unica eccezione è rappresentata dalle cosiddette lotterie nazionali a estrazione differita. Questo vuol dire che la Lotteria Italia può essere pubblicizzata anche in orario proibito. Sono permesse anche le «forme di comunicazione indiretta derivanti dalle sponsorizzazioni», a patto che siano legate ai settori della cultura, della ricerca, dello sport, nonché alla sanità e all'assistenza. Un esempio è rappresentato dalle pubblicità di aziende di giochi a bordo campo durante le partite di calcio. Anche se le gare vanno in onda prima delle 22, i messaggi pubblicitari sono permessi.
Quindi la pubblicità del gioco è permessa negli orari consentiti anche sui canali Rai?
Non più. Dall'aprile del 2017, con la firma della nuova convenzione Stato-Rai per l'affidamento del servizio pubblico radiofonico e televisivo, è stato espressamente vietato ogni messaggio pubblicitario relativo al gioco d'azzardo sui canali RaiTv e RadioRai, senza distinzione di orari. La pubblicità sui giochi è quindi completamente bandita dalla Rai.
A quanto ammontano gli investimenti pubblicitari nel settore giochi?
Secondo i dati diffusi da Nielsen, nei primi nove mesi del 2017 sono stati spesi 45 milioni e 886 mila euro in pubblicità sui giochi, con un incremento dell'1,8% sull'analogo periodo del 2016. Nel dettaglio, malgrado le limitazioni orarie sono cresciuti gli investimenti televisivi (+3,7) che con oltre 39 milioni rappresentano la fetta largamente più significativa. Forte l'incremento sulla radio, passata da 200 mila euro a oltre 2 milioni per l'assenza di limiti orari sui network nazionali; in calo la spesa sui quotidiani (un milione e mezzo da gennaio a settembre 2017, -48% rispetto all'anno precedente). Cala anche il web, che passa da tre a due milioni.
MF/Agipro
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