Attualità e Politica
13/12/2024 | 10:31
13/12/2024 | 10:31
ROMA - Il prelievo aggiuntivo dello 0,5% da applicare direttamente sui ricavi lordi dell’industria del betting – con ogni probabilità inserito nella Manovra 2025 – colpirà in prima battuta i piccoli concessionari (spesso italiani) presenti sul mercato. La tassa di scopo sulle scommesse, che sarà introdotta da un emendamento dei relatori alla legge di Bilancio, avrà l’obiettivo di finanziare interventi infrastrutturali e di ristrutturazione degli stadi ma appesantirà i conti delle Pmi che intendono partecipare al bando di gara per le nuove concessioni, in pubblicazione nei prossimi giorni. Il Mef, nel fissare il costo della licenza a 7 milioni di euro (uno dei più alti in Europa), ha scommesso – è il caso di dirlo – sull’appeal del mercato italiano dei giochi, il secondo per dimensione in Europa, stimando la vendita di almeno 50 concessioni e un introito di 350 milioni di euro a fine procedura. La realtà, descritta dal report Cgia mestre-As.Tro è diversa: secondo gli analisti, l’80% della raccolta e l’85% della spesa online sono attualmente realizzati con appena 18 concessioni, che realizzano volumi di spesa di almeno 50 milioni di euro. Se si allarga il campo di osservazione alle prime 30 concessioni si scopre che queste rappresentano circa il 94% del mercato e che registrano ricavi oltre i 20 milioni di euro. Il rimanente della spesa (5,5%) e della raccolta (6,3%) viene realizzato dalle altre 56 concessioni, divise tra operatori esteri che non hanno “sfondato” e società italiane che combattono ogni giorno per rimanere competitive. Proprio per quest’ultima fascia, la partita sta diventando insostenibile: il balzello per lo sport è solo l’ultimo a carico dei futuri (piccoli) concessionari online. A parte il corrispettivo una tantum pari a 7 milioni di euro, c’è da conteggiare anche il canone annuo di concessione (il 3% del margine netto), lo 0,2 dei ricavi netti in campagne informative e – se la tassa “Salva calcio” andrà in porto – lo 0,5% dei ricavi del betting a favore degli stadi. Senza contare i pesanti costi di certificazioni e garanzie da presentare per acquisire lo status di concessionario. I piccoli dunque fuori dalla competizione? L’asticella sembra davvero troppo alta ma di sicuro chi ha investito e lavorato in questi anni venderà cara la pelle anche in tribunale, appellandosi alle regole dettate da delega fiscale e decreto legislativo online, che prevedono certezza delle regole e stabilità fiscale. Suona l’allarme anche nei board delle grandi società internazionali di gaming: almeno un paio di grandi operatori interpellati da Agipronews si chiedono se vale la pena partecipare alla gara italiana o se non sarebbe preferibile dirottare gli investimenti verso mercati più stabili. Anche Logico, l’associazione che rappresenta alcuni grandi marchi di gioco online, ha espresso dure critiche all’ipotesi di un nuovo prelievo: “Questa iniziativa non trova alcuna giustificazione”, commenta il presidente Moreno Marasco. “Ci accingiamo ad affrontare un bando di gara che prevede un costo di concessione superiore di 35 volte rispetto ai valori precedenti, che di per sé comporterà una riduzione importante del numero dei concessionari del gioco a distanza. Questo aggravio ulteriore potrebbe portare a conseguenze nefaste sulla tenuta del settore, che – va ricordato – è l’unico presidio a contrasto dell’offerta di gioco illegale online. Numerose realtà imprenditoriali, che avrebbero partecipato già a fatica alla nuova gara, sarebbero sicuramente inibite dal farlo, di fronte ad una ulteriore nuova tassazione. Il comparto del gioco legale è perciò pronto ad avversare qualunque eventuale provvedimento volto a vessare ulteriormente un sistema già pesantemente aggravato”.
NT/Agipro
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