Attualità e Politica
31/12/2020 | 11:58
31/12/2020 | 11:58
ROMA - Finisce con l’annullamento del sequestro la vicenda dei quattro centri scommesse Stanleybet chiusi un anno fa a Siracusa dopo un blitz delle forze dell’ordine. Il Tribunale del riesame, dando seguito alla sentenza della Corte di Cassazione di qualche mese fa, ha stabilito che l’operatore estero è stato discriminato e che quindi la legge penale che punisce le scommesse abusive va disapplicata. I giudici di Siracusa, nel ripercorrere la lunga storia del contenzioso Stanley-Italia, sottolineano come l’articolo della convenzione che prevede la restituzione della rete al termine della concessione “Monti” – assegnata nel 2012 attraverso una procedura a cui Stanleybet scelse di non partecipare - non sia stata imposta ai precedenti concessionari: una perizia presentata dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Agnello, evidenzia che la misura ha avuto un effetto deterrente sulla decisione degli operatori di partecipare alla gara stessa. In sostanza, “costi e investimenti non possono essere recuperati e ammortizzati nell’arco di soli tre anni (la durata iniziale della concessione Monti, ndr)”. Anche la proroga delle concessioni di scommesse non rappresenta una “misura idonea” a perseguire l’obiettivo di garantire la continuità della raccolta. La scadenza delle precedenti autorizzazioni – scrivono i giudici nell’ordinanza - deriva dalla “condotta inefficiente” dell’amministrazione italiana, che avrebbe potuto “indire nuovi bandi in modo tale che alla scadenza delle vecchie concessioni sarebbero risultate già assegnate le nuove”. La normativa italiana, secondo la Corte non assolve ad alcuna finalità di tutela dell’ordine pubblico, ma pare piuttosto ispirata da esigenze di “natura economica” o da “interessi patrimoniali dello Stato”.
Le indagini di polizia giudiziaria, inoltre, non hanno fornito alcun riscontro all’ipotesi investigativa che i centri scommesse fossero oggetto di interesse della criminalità organizzata, mentre è emerso che il questore di Siracusa ha negato la licenza di pubblica sicurezza perché Stanleybet non era in possesso di una concessione e non per reali motivi di ordine pubblico. Secondo i giudici, quindi, “appare evidente la violazione dei principi Ue” e per questo motivo “deve essere disapplicata la normativa nazionale – la legge 401 del 1989 che sanziona le scommesse esercitate senza l’autorizzazione rilasciata dalla questura - in quanto discriminatoria verso Stanleybet e in violazione dei principi europei di libertà di stabilimento e libertà di prestazione dei servizi”. Il tribunale del riesame di Siracusa ha di fatto applicato la sentenza della Corte di Cassazione che, solo qualche mese fa, aveva sentenziato – sempre in merito al caso delle quattro agenzie Stanleybet - che «Il reato ipotizzato non sussiste se il terminale italiano di una rete facente capo ad un allibratore straniero, autorizzato ad operare in uno Stato dell'Unione ed illegittimamente discriminato in Italia nell'assegnazione delle concessioni di gioco, operi in modo trasparente come soggetto che riceve le scommesse ed il denaro costituente la posta di gioco e trasmette i dati all'allibratore, eventualmente pagando poi le vincite su mandato di quest'ultimo». Uno schema che ricalca quello della "normale" raccolta delle scommesse condotta dai concessionari e che è disciplinata dal regolamento sul betting del 2006.
NT/Agipro
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