Attualità e Politica
11/09/2024 | 11:23
11/09/2024 | 11:23
ROMA - “In Italia la regolazione è eccellente ma c’è instabilità delle regole, con un chiaro pericolo nella capacità di attirare investimenti. Non si possono cambiare le regole in corsa o affrontare gare senza sapere chiaramente dove si potranno aprire i punti vendita. La speranza, nell’affrontare la discussione sulle nuove regole, sta soprattutto nella presenza di un governo stabile, che vede anche gli aspetti positivi del settore e che non ha paura di affrontare le questioni sul tavolo”. Lo ha detto Giuliano Frosini, Senior Vice President Institutional Relations, Public Affairs and Media Communication del gruppo IGT, durante una conferenza Easg in corso a Roma. Ripercorrendo la storia recente del gioco pubblico in Italia, Frosini ha aggiunto: “Le opinioni pubbliche si sono impossessate della questione: le regioni italiane hanno legiferato con norme opposte a quelle tracciate dallo Stato. Il modello distributivo era troppo capillare, hanno pensato, e quindi hanno approvato regole che hanno limitato il numero dei punti vendita. Hanno fatto politica sulla pelle dello Stato, visto che il calo di gettito pesa sul Mef, non sulle singole regioni. Gli stati centrali hanno pensato che aumentando la tassazione si sarebbe ridotta l’offerta. E’ successa un’altra cosa: le leggi sulle distanze, le tasse più alte stanno rispostando i giocatori verso illegalità. Non c’è solo la criminalità, esiste una forma di concorrenza senza concessione che sottrae risorse grazie ad una tassazione più favorevole”. In generale, ha concluso, “La posizione del settore agli occhi dell’opinione pubblica è controversa: molto positiva grazie ad un sistema organizzativo ai vertici internazionali, ma anche problemi sociali e dipendenze da gestire. La buona lezione dal passato è che prima della buona regolazione degli ultimi 20 anni, il gioco pubblico legale non esisteva, se non nelle lotterie. Solo dalla fine dei ’90 e poi nel primo decennio 2000 sono arrivate le regole su slot machine e betting. L’Italia ha deciso così di spostare dei poteri dello Stato verso privati in grado di gestire il settore, utilizzando anche una linea di azione indicata da direttive comunitarie. Siamo stati in grado di fornire certezza al giocatore e anche una rilevante entrata fiscale annua, pari a circa 12 miliardi. Forse si poteva destinare una parte del gettito al sostegno della cultura e di alcune attività sociali, come è stato fatto in altri paesi europei. Eravamo partiti bene negli anni ’90, poi ci siamo un po’ persi“.
NT/Agipro
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