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Ultimo aggiornamento il 11/07/2025 alle ore 08:30

Attualità e Politica

10/07/2025 | 13:16

Decreto Balduzzi, sentenza della Corte Costituzionale: “Gioco online, illegittimo il divieto generalizzato di totem self service e computer nei locali pubblici”

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Decreto Balduzzi sentenza della Corte Costituzionale: “Gioco online illegittimo il divieto generalizzato di totem self service e computer nei locali pubblici”

ROMA - La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto assoluto e generalizzato - previsto dal Decreto Balduzzi del 2012 - che impedisce l’installazione, presso gli esercizi pubblici, di apparecchiature collegate in rete (in particolare personal computer e totem telematici self service) che consentano ai clienti di accedere alle piattaforme di gioco online. Illegittima anche la Legge di Stabilità 2016 nella parte in cui prevede una sanzione amministrativa pari a 20mila euro per chiunque infranga il divieto. E’ quanto si legge nella sentenza depositata oggi dalla Consulta. La norma era nata anche per contrastare la diffusione di strumenti di gioco negli esercizi generalisti e nei bar: il timore del legislatore era che i personal computer e i totem self service installati potessero diventare dei veri e propri terminali di gioco.

La Corte Costituzionale era stata chiamata a valutare due questioni sollevate dalla Corte di Cassazione e dal Tribunale di Viterbo, in cui vi era stata un’opposizione degli esercenti per sanzioni (20mila euro) dovute alla presenza di apparecchi che consentivano l’accesso a internet. La disposizione riguardava in modo indistinto qualsiasi strumento telematico - anche se di libera navigazione - che consentisse un accesso (anche potenziale) ai siti di gioco online sia legali che illegali.

Come chiarito dalla Corte Costituzionale, questo tipo di approccio è da considerarsi “eccessivamente inclusivo”, in quanto mette sullo stesso piano situazioni molto diverse tra di loro, ovvero comportamenti occasionali o perpetuati, così come siti autorizzati e non. Tale rigidità, secondo i giudici della Consulta, ha determinato una violazione del principio di proporzionalità e di ragionevolezza, con effetti sproporzionati anche sulla libertà di iniziativa economica e sul diritto di proprietà.

Inoltre, il divieto si pone in contrasto anche con il diritto europeo, si legge infatti: “L’illegittimità costituzionale della disposizione censurata va apprezzata anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Lussemburgo, la quale ritiene che - pur essendo gli Stati membri liberi di fissare gli obiettivi della loro politica in materia di giochi ed, eventualmente, di definire con precisione il livello di protezione ricercato - le restrizioni da essi imposte alla libera prestazione dei servizi devono soddisfare le condizioni poste dalla Corte Europea per quanto riguarda la loro proporzionalità”. Pertanto la Consulta, pur riconoscendo la legittima finalità della norma, ossia la "tutela del diritto alla salute consistente in un divieto volto a fronteggiare la diffusione della ludopatia”, ritiene i mezzi impiegati sproporzionati. 
Altro aspetto analizzato riguarda il fatto che la norma non tiene conto del contesto tecnologico attuale, dove l’accesso al gioco online può avvenire anche tramite dispositivi personali, quindi la misura repressiva in questi contesti risulta inefficace. 

Per ciò che concerne la sanzione fissa di 20mila euro (prevista dalla Legge di Stabilità 2016), la Consulta spiega che non consentire al giudice di modulare la sanzione rispetto alla gravità concreta del caso, non risulta proporzionale e danneggia la libertà economica. 
In definitiva, la Corte Costituzionale precisa che “spetta al legislatore l’adozione di ulteriori e idonee misure di contrasto alla ludopatia”, fermo restando che rimane invariata l’applicazione di “sanzioni previste nei confronti di chiunque eserciti illecitamente attività di offerta di giochi con vincita in denaro”.

FRP/Agipro

Foto credits Mister No CC BY 3.0

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