Attualità e Politica
08/04/2025 | 11:03
08/04/2025 | 11:03
ROMA - Il caso dell’imposta unica per le agenzie di scommesse prive di concessione è ancora di grande attualità. L’orientamento giurisprudenziale non è chiaro e tante ormai sono le corti che mettono in dubbio la legittimità della norma che regola i rapporti tra centri betting collegati a bookmaker esteri e fisco: nel mirino in particolare il principio della raccolta (non il margine) come base imponibile, moltiplicata per tre per le annualità post-2016. Per saperne di più abbiamo chiesto a Daniela Agnello, storico legale di Stanleybet e in prima linea nel contenzioso fiscale avviato dai gestori dei punti vendita, cosa sta avvenendo davvero nei tribunali tributari.
Avvocato Agnello, l’orientamento dei giudici tributari sembra in progressivo cambiamento. Sempre più spesso, riconoscono la tassazione sul margine introdotta nel 2016 e respingono il principio di tassare il triplo della raccolta. Cosa sta succedendo?
Negli ultimi mesi, le Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado hanno emesso numerose pronunce che confermano che a partire dal 2016 l'Imposta unica sulle scommesse è divenuta imposta sui ricavi e non si applica più sulla raccolta. E’ proprio il legislatore con la finanziaria per il 2016 a statuire che l’imposta si applica sul margine della raccolta dell’operatore senza fare distinzione tra soggetti collegati o meno al totalizzatore nazionale. L’imposta unica, quindi, trova applicazione nei confronti di tutti gli operatori che raccolgono scommesse nel territorio italiano per conto dei concessionari nazionali e dei bookmaker esteri. Le recenti pronunce giurisprudenziali statuiscono che non vi sia alcuna disposizione normativa che limiti l'applicabilità della nuova imposta solo agli operatori regolarizzati, riconoscendone l'efficacia erga omnes.
Quali effetti può avere questo progressivo cambio di posizione in tema fiscale? Quali tasse dovranno pagare i centri scommesse collegati a bookmaker esteri privi di concessione?
L'applicazione della disposizione normativa, contenuta nell'articolo 1, comma 945, della Legge 208 del 2015, comporta che anche i soggetti privi di concessione siano assoggettati alla nuova imposta sui ricavi. Così come avviene per i luoghi di vendita del concessionario nazionale anche i centri di trasmissione dati (CTD), che svolgono il servizio transfrontaliero in favore di bookmaker non dovranno pagare l’imposta che graverà esclusivamente sull’operatore estero. Questa interpretazione estensiva mira a garantire un'armonizzazione fiscale del settore, eliminando disparità di trattamento tra operatori concessionari e non concessionari.
Quanto stanno incidendo le decisioni della Corte di Giustizia UE del 2020 e della Corte Costituzionale del 2018 sulla giurisprudenza nazionale?
Le pronunce della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 2020 e della Corte Costituzionale del 2018 hanno un impatto incisivo sulle annualità d’imposta precedenti al 2014. Per le annualità successive al 2016 le argomentazioni delle Corti supreme non sono applicabili in quanto la natura dell’imposta è cambiata da indiretta sulla raccolta a diretta sul margine dell’attività economica dell’operatore.
Come è possibile uscire dal caos giurisprudenziale nel quale si trovano gli operatori del settore?
L'unica via per superare l'incertezza interpretativa che caratterizza il settore è l'elaborazione di principi di diritto chiari e univoci, che guidino l'applicazione della normativa nel nostro ordinamento. A tal fine, sarebbe opportuno un rinvio interpretativo alla Corte Costituzionale, al fine di chiarire il perimetro di applicazione dell'imposta e garantire una maggiore certezza del diritto per tutti gli operatori del settore. Anche la Corte di Giustizia Tributaria di II grado per la Lombardia, con diverse sentenze, ha statuito che la mancata applicazione della tassazione sul margine determina la violazione dei principi costituzionali di uguaglianza e di effettività della capacità contributiva.
NT/Agipro
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