Attualità e Politica
19/11/2021 | 12:00
19/11/2021 | 12:00
ROMA - Gli esercenti che accettano e pagano scommesse per conto di un bookmaker senza le necessarie autorizzazioni commettono reato. Così la Terza sezione penale della Corte di Cassazione sul caso di una esercente ligure condannata per raccolta abusiva di gioco dal Tribunale di Savona e dalla Corte d'Appello di Genova.
I giudici supremi hanno dichiarato inammissibile il ricorso dell'esercente - titolare di un centro trasmissione dati collegato a un bookmaker senza concessione - e confermato il reato commesso: «L'imputata oltre a svolgere attività di promozione e commercializzazione in favore del bookmaker - favorendo l'apertura di un "conto-gioco" e creando così un rapporto diretto tra scommettitore e bookmaker - svolgeva anche attività di intermediazione telematica, diretta alla raccolta delle scommesse anonime, ossia di coloro che non avevano un conto-gioco personale», scrive la Cassazione. Il Collegio ricorda che «quando il gestore di un centro scommesse italiano affiliato a un bookmaker straniero mette a disposizione dei clienti il proprio conto-gioco, consentendo la giocata senza far risultare chi la abbia realmente effettuata, il suo legame con detto bookmaker diviene irrilevante, configurandosi come una mera occasione per l'esercizio illecito della raccolta di scommesse». Non è quindi sostenibile la tesi della difesa, secondo cui il bookmaker straniero non avrebbe avuto la possibilità di partecipare alle gare per le concessioni, perché discriminato. Tali circostanze, «quand'anche accertate, sarebbero del tutto irrilevanti», perché anche in quel caso «l'attività di intermediazione nella raccolta delle scommesse è espressamente vietata». La Cassazione ricorda poi che l'imputata non ha mai aderito alla sanatoria per i centri scommesse esteri, e che era suo dovere «conseguire la conoscenza della legislazione vigente» in materia di scommesse. «Grava su chi intende svolgere un'attività commerciale l'obbligo di acquisire preventivamente conoscenza della normativa applicabile in quel settore - conclude la Cassazione - sicché, qualora deduca la propria buona fede, non può limitarsi ad affermare l'incertezza derivante da contrastanti orientamenti giurisprudenziali».
LL/Agipro
Foto credits Blackcat CC BY-SA 3.0 IT
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