Attualità e Politica
20/08/2024 | 16:48
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ROMA - La Corte di cassazione ha accolto il ricorso di una società maltese operante nel settore delle scommesse - Easy World - che nel febbraio 2016 aveva presentato la dichiarazione di impegno alla regolarizzazione fiscale, manifestando la volontà di effettuare la raccolta delle scommesse in qualità di titolare di rete fissa, versando un importo di 10mila euro per ciascun punto di raccolta. La procedura si era perfezionata il 29 febbraio 2016 con la sottoscrizione da parte della contribuente di uno schema di disciplinare. A maggio 2017 la contribuente ha presentato istanza di rimborso delle somme versate in eccesso rispetto al dovuto, ma a giugno ha ricevuto il provvedimento di diniego del rimborso. Dopo che la Commissione Tributaria Provinciale di Roma aveva accolto parzialmente il ricorso della contribuente, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva invece respinto l’appello.
Il giudice regionale aveva definito la società solo come un intermediario, un “veicolo della regolarizzazione di un certo numero di ctd (centri di trasmissione dati) che intendono collegarsi al totalizzatore nazionale”. Su questi “grava l’imposta unica sulle scommesse che deve essere pagata affinché possano regolarizzarsi”. Le domande di regolarizzazione di questi centri ‘viaggiano’ attraverso la dichiarazione di impegno del bookmaker estero, che però rimane “un soggetto del tutto distinto dai ctd che si regolarizzano. Pertanto, legittimato al rimborso è esclusivamente il singolo punto vendita”. Al contrario, la sentenza della Cassazione delinea un quadro normativo in contrasto con la prospettiva del giudice regionale. “Non è corretto affermare – si legge nella sentenza - che l’imposta gravi in via esclusiva sui ctd, che compongono la rete operativa di cui il bookmaker si avvale ai fini della gestione delle scommesse”. Il diritto alla regolarizzazione, dunque, è proprio anche del bookmaker che svolge attività di raccolta di scommesse nel territorio nazionale per proprio conto o con l’ausilio di punti di raccolta e/o ricevitorie dotate di distinta soggettività giuridica. Il bookmaker – che versando 10mila euro ha di fatto versato un acconto di imposta (non un costo di accesso) che va compensato, sottolinea la Cassazione - è per definizione “un soggetto che esercita un'attività di gestione di scommesse allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali”. In altri termini, il bookmaker è un gestore di scommesse ed è anch’esso soggetto passivo dell’imposta unica. La decisione della Commissione regionale è stata dunque annullata e rinviata a nuovo esame.
GL/Agipro
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