Attualità e Politica
26/02/2021 | 16:24
26/02/2021 | 16:24
ROMA - «La Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della materia giochi e scommesse e ha confermato la sua consolidata giurisprudenza in materia». L'avvocato Daniela Agnello, legale di Stanleybet, commenta in una nota la recente sentenza con cui i giudici supremi hanno confermato la condanna di due esercenti per raccolta abusiva di gioco. I due imputati gestivano un centro scommesse collegato a un bookmaker maltese privo di concessione.
«I Giudici di legittimità hanno delineato il confine tra attività illecita e disapplicazione della sanzione penale per la prevalenza delle libertà fondamentali previste dal Trattato dell’Unione Europea - prosegue l'avvocato - Nel campo delle attività commerciali connesse ai giochi, la Corte afferma che sono considerate illecite “le modalità di raccolta delle scommesse da parte dell’intermediario effettuata tramite “conti gioco” on line anziché mediante la raccolta da banco».
La Corte allo stesso tempo «conferma la sua precedente giurisprudenza, ribadisce la supremazia dell’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia e statuisce che, qualora l’operatore estero sia stato illegittimamente escluso dalle gare per l’aggiudicazione delle concessioni, “le libertà previste dagli artt. 43 e 49 del Trattato dell’Unione Europea conservano piena espansione e la disciplina nazionale in contrasto con esse deve essere disapplicata».
I giudici ribadiscono dunque «la giurisprudenza sul “caso Stanley”, laddove citano sia la sentenza della Corte di Giustizia Costa Cifone che la giurisprudenza domestica con assoluzione dei titolari dei centri Stanleybet con la formula “il fatto non sussiste” o il dissequestro del centri per carenza del fumus del reato». In questo modo la Cassazione «ha operato, ancora una volta, una netta distinzione tra l’attività illecita degli operatori che non hanno chiesto le necessarie autorizzazioni e non sono stati illegittimamente esclusi dalle gare italiane rispetto agli operatori come la Stanleybet che ha esperito anche i rimedi previsti dal diritto interno contro le gare ed è stata reiteratamente discriminata nell’accesso al sistema concessorio italiano - conclude l'avvocato - La Corte ha ribadito che solo in tal caso la disciplina penale dev’essere disapplicata per la prevalenza del diritto eurounitario». RED/Agipro
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