Attualità e Politica
29/11/2017 | 13:54
29/11/2017 | 13:54
ROMA - La grande onda del poker live andava cavalcata al suo culmine. Inseguirla adesso sarebbe ancora utile, ma non genererebbe gli stessi benefici. In sintesi, è il pensiero di Luca Pagano, uno dei pezzi grossi del Texas Hold’em italiano: parere quanto mai autorevole, considerata la sua esperienza di giocatore (con 20 piazzamenti a premio e sette finali è il recordman assoluto dell’European Poker Tour, il più importante tour di poker europeo), ma anche di comunicatore a tutto tondo (ha scritto due libri e condotto “La Casa degli Assi”, il primo e unico reality italiano sul Texas Hold’em). Ora Luca ha appeso le carte al chiodo e si è dato anima e cuore agli eSports, fondando un team (il Qlash) che è sempre in giro per il mondo a giocare i principali tornei di videogames competitivi. Tra un viaggio e l’altro Agipronews lo ha raggiunto, per commentare il declino di un fenomeno che sembrava destinato a mettere solide radici in Italia, tanto da far nascere un canale tv tematico (PokerItalia24, ora chiuso) e ispirare un film (“Poker Generation”). Un movimento che invece è rimasto al palo, bloccato nel limbo della burocrazia.
Poker live: si è parlato a lungo del suo inquadramento normativo, ma ormai il regolamento che avrebbe dovuto “legalizzarlo” è fermo in un cassetto del Ministero dell’Economia dal 2013. Crede che sia una grande occasione persa per il movimento?
«Decisamente. Da giocatore di poker, credo che la legalizzazione del gioco live al di fuori dei quattro casinò italiani sarebbe servita sotto tanti punti di vista. In primis quello culturale: ricordiamoci sempre che non siamo gli Stati Uniti, da noi il Texas Hold’em è esploso soltanto una decina d’anni fa e in molti sono stati letteralmente travolti da un vero e proprio ciclone. Ma senza cultura, per tanti quella del poker è rimasta una moda del momento, come ne sono passate tante. Ed è un vero peccato. Ma ci ha perso anche lo Stato. Una legalizzazione, una regolamentazione del poker live avrebbe portato un gettito fiscale, nuove opportunità imprenditoriali, posti di lavoro. Insomma, un’occasione persa a 360 gradi».
Lei, da campione di poker, avrà seguito tutta la discussione. Si è “mobilitato” per la causa? Insomma, ci parli in prima persona di come ha vissuto la vicenda.
«Insieme a mio papà Claudio ed altre “personalità” del movimento, già nel 2006 avevamo fondato la Federazione Italiana Gioco Poker, proprio con l’obiettivo di promuovere e diffondere il poker sportivo. Il lavoro fatto fu davvero imponente, con migliaia di affiliazioni, di tesserati e di tornei sparsi nei territori locali. Quando le istituzioni si sono accorte della portata del fenomeno, giustamente è nata la necessità di regolamentare il movimento pokeristico dal vivo. E qui gli ingranaggi si sono bloccati, anche se qualche anno fa sembravamo sul punto di arrivare a una soluzione. Io, da amante del poker in tutte le sue forme, ho sempre visto con favore una regolamentazione del poker live e ho sempre sperato che prima o poi si arrivasse a qualcosa di concreto. Ma ormai, francamente, dubito che ci arriveremo».
Crede che sarebbe ancora utile regolamentare il settore? Aiuterebbe a far parlare di un fenomeno di cui, fuori dal circuito “interno”, non si parla più come un tempo?
«Certo, anche se come detto non sono molto ottimista sulle tempistiche, in cuor mio spero sempre che le istituzioni tengano fede alla parola data e regolamentino il settore. Forse quel treno ormai lo abbiamo perso, forse no. Certo è che l’onda andava cavalcata qualche anno fa: oggi sarebbe sicuramente più difficile riportare il fenomeno poker ai fasti di un tempo».
Può darci uno spaccato della situazione attuale? In quanti circoli si gioca ancora, quanti player sono coinvolti?
«Esistono ancora diversi circoli, oltre 500. Molti portano avanti battaglie legali pur di continuare a operare nella totale trasparenza. E alcuni queste battaglie le hanno anche vinte. Ma purtroppo al riguardo non c’è stata uniformità sul territorio italiano e questo non ha fatto altro che aumentare la confusione e, quindi, anche il gioco “sommerso”. Ci sono decine di migliaia di giocatori che potrebbero trascorrere serate divertenti seduti ai tavoli insieme agli amici in ambienti regolati, controllati e sicuri. Ci sono centinaia di imprenditori che potrebbero operare in totale trasparenza, generare un gettito erariale importante, riqualificare zone ed edifici, offrire molto lavoro ed aiutare a controllare un movimento che merita rispetto e dignità».
AG/Agipro
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