Attualità e Politica
31/01/2023 | 11:44
31/01/2023 | 11:44
ROMA - La proroga delle concessioni bingo finisce ancora nel mirino del Consiglio di Stato, che ha disposto un nuovo rinvio alla Corte di Giustizia Europea dei ricorsi presentati dagli operatori. L'ordinanza pubblicata oggi passa nuovamente la palla ai giudici comunitari, dopo i rinvii già disposti lo scorso novembre. Rispetto a due mesi fa - quando in primo piano era finita la complessa situazione del settore dopo la crisi Covid - i dubbi sollevati dalla Quarta sezione riguardano la proroga "tout court" introdotta dalla legge di stabilità 2014, nonché gli primi aumenti dei canoni mensili. Una questione già esaminata e ritenuta non fondata dalla Corte Costituzionale; tale punto, però, «non può costituire un impedimento a disporre un successivo rinvio pregiudiziale». Il Collegio di Palazzo Spada ritiene infatti «che la normativa nazionale sulle plurime reiterazioni delle proroghe tecniche costituisca una misura restrittiva delle libertà europee», e sostiene che «i numerosi aumenti del canone disposti nel tempo, prescindendo dalla effettiva situazione del mercato e da ogni valutazione delle dimensioni delle imprese, incidono in modo indifferenziato su tutti gli operatori economici del settore, senza tenere conto della reale capacità, soprattutto delle piccole imprese, di sostenere tale aumento». Perplessità vengono espresse anche sull'imposizione della sottoscrizione della proroga, «quale condizione legale per poter partecipare alle più volte preannunciate e mai attuate gare», nodo che «si risolve in una non ragionevole limitazione della libertà». Viene infine ricordato l'obbligo per gli operatori di non cedere i locali, «che costituisce, considerata la valenza strumentale dei beni ai fini dello svolgimento dell’attività di impresa, indebita e apparentemente ingiustificata restrizione della libertà d'impresa». In questo modo gli operatori «sono privati della concreta possibilità di interrompere il rapporto concessorio». La Corte Ue dovrà anche pronunciarsi sui motivi di interesse generale posti a base della proroga, motivata da esigenze di "allineamento" delle concessioni, nonché sulla proporzionalità della norma. Ad avviso di Palazzo Spada, questa «per come è stata regolata, non è adeguata né idonea a raggiungere l’obiettivo dichiarato». In particolare, «la scelta di effettuare plurime e reiterate proroghe dei rapporti concessori e di procrastinare l’indizione di nuove gare si pone, nei fatti, in contrasto con il principio di concorrenza per il mercato». «Si tratta di un fatto straordinario - è il commento a caldo dell'avvocato Alessandro Dagnino, legale degli operatori - Oltre al rinvio, il Consiglio di Stato dà anche alle società interessate la facoltà di chiedere ulteriori misure cautelari ove non risultino non più sufficienti quelle già disposte a gennaio 2020, ancora efficaci».
RED/Agipro
Foto credits wp paarz/Flickr CC BY-SA 2.0
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