Attualità e Politica
09/09/2022 | 10:17
09/09/2022 | 10:17
ROMA - Il caso-Stanleybet resta aperto, in attesa di un accordo tra il bookmaker e l'Agenzia delle Dogane in materia tributaria. Gli altri nodi dell'attività – in campo penale e amministrativo - sembrano ormai sciolti: la Cassazione penale ha continuamente disapplicato la normativa italiana perché in contrasto con le sentenze pro-Stanleybet della Corte di Giustizia UE, mentre il Consiglio di Stato ha recentemente emanato una clamorosa sentenza con la quale stabilisce che l'attività dei centri non è illegale. L'esito del contenzioso legale promosso da Stanleybet – scrivono i giudici - rende la società «un'eccezione alla regola» nel sistema italiano, fondato sul possesso di concessione e autorizzazione. All'avvocato Daniela Agnello, storico legale della compagnia, chiediamo se ciò può portare alla parola "fine" almeno alle cause amministrative e penali con l'Agenzia delle Dogane. «Le sentenze, ottenute dal mio studio, emesse negli ultimi anni dalla Corte di Cassazione in sede penale e dal Consiglio di Stato in sede amministrativa, ribadiscono ancora una volta che Stanleybet è un operatore discriminato nell'accesso al sistema concessorio, con attività legale. L'Adm dovrebbe prendere atto dello stato di fatto e dei principi cristallizzati con tali pronunce e riconoscere la liceità dell'attività svolta da Stanleybet. In attesa delle prossime gare pubbliche, quindi, la società ha diritto di operare alle stesse condizioni di un concessionario statale o di un operatore regolarizzato».
Dopo la sentenza del CdS, i centri possono quindi tornare a richiedere alle questure la licenza di pubblica sicurezza? In fin dei conti, le agenzie sono collegate a un bookmaker privo di concessione ma riconosciuto come “legale” dal massimo organo giurisdizionale amministrativo...
I centri Stanleybet chiedono la licenza di pubblica sicurezza e le Questure avviano i controlli di competenza. Dopo la sentenza del Consiglio di Stato, con il riconoscimento del bookmaker quale operatore sanato dalla giurisprudenza, le Questure dovrebbero riservare ai centri lo stesso trattamento previsto per i soggetti concessionari e per gli operatori regolarizzati e, quindi, rilasciare la licenza di polizia. In alternativa, l'organo amministrativo ha il potere di disapplicare la normativa italiana ritenuta in contrasto con i principi dell'Unione Europea.
Dal punto di vista tributario, perché un operatore dichiarato "non illegale" dal Consiglio di Stato non riesce a pagare le tasse in Italia?
La normativa fiscale italiana prevede modalità e condizioni diverse per gli operatori con attività legale rispetto agli operatori con gioco illecito. Dal 2016, Stanleybet intende pagare l'imposta unica sulle scommesse in Italia alle medesime condizioni stabilite per i concessionari statali. Adm invece pretende il pagamento dell'imposta unica secondo una legge che ha come presupposto lo svolgimento di attività illecita. Appare chiaro che le imposte, così come previste per le attività illegali, non possano trovare applicazione per Stanleybet. La società continuerà, inesorabilmente, a presentare proposte di definizione delle controversie e a chiedere la definizione dei faticosi e onerosi contenziosi che impegnano rilevanti risorse pubbliche e private.
Quali azioni metterete in campo per riuscire a sanare anche gli aspetti fiscali dell'attività con Adm?
In sede tributaria si reiterano le discriminazioni già censurate in sede penale e poi amministrativa. Il contenzioso potrebbe, tuttavia, definirsi con un accordo con Adm, che preveda il pagamento delle imposte, alle medesime condizioni previste per i concessionari. La pretesa dovrà incidere in via principale unicamente il bookmaker e non anche i titolari dei centri affiliati. Pretesa tributaria, quindi, con modalità e termini già previsti per i concessionari statali e per i soggetti regolarizzati.
NT/Agipro
Foto credits Brian Turner CC BY 2.0
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