Attualità e Politica
27/11/2025 | 13:32
27/11/2025 | 13:32
ROMA - Il Decreto Dignità, che vieta in Italia ogni forma di pubblicità dei giochi, finisce davanti alla Corte di Giustizia europea. L’Avvocato Generale UE, Maciej Szpunar, ha depositato stamattina le conclusioni sulla causa che vede contrapposte l’Authority per le Comunicazioni (Agcom) e Google Ireland, sanzionata per 750 mila euro per aver ospitato su Youtube contenuti che promuovono il gioco d’azzardo. Secondo l’Avvocato, se Google partecipa alla redazione di contenuti, infrange il divieto stabilito dal Decreto Dignità. Altrimenti è una piattaforma passiva – in sostanza solo un "hosting provider" - e la direttiva Ue sull’e-commerce la protegge.
La vicenda prende spunto dalla sanzione da 750mila euro inflitta da Agcom a Google nel luglio 2022 per la presenza su YouTube di video del creator Spike che pubblicizzavano siti di gioco con vincite in denaro. Secondo Agcom, Google avrebbe svolto un ruolo attivo nella diffusione di tali contenuti, perdendo così la protezione prevista dall’articolo 14 della Direttiva e-Commerce, riservata ai semplici hosting provider.
Il Tar Lazio aveva invece annullato la sanzione, ritenendo Google un intermediario neutrale. Il Consiglio di Stato, con la sentenza dell’11 giugno 2024, ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia per chiarire se il regime europeo degli hosting provider si applichi anche alla pubblicità sul gioco e se la presenza di accordi commerciali – come quelli dello “YouTube Partner Program” – possa far emergere una responsabilità diretta del prestatore del servizio.
Secondo l’articolo 14 della Direttiva 2000/31/CE, la piattaforma non è responsabile dei contenuti degli utenti se non interviene attivamente nella loro creazione, modifica o selezione. L’Avvocato Generale chiarisce che le funzionalità offerte da YouTube – come strumenti di visibilità, di monetizzazione o di analisi – fanno parte del normale modello di business della piattaforma e non rappresentano un’ingerenza nel contenuto dei video.
Il fatto che YouTube condivida i ricavi pubblicitari tramite lo YPP non equivale a una partecipazione alla realizzazione dei contenuti, né trasforma la piattaforma in un soggetto che controlli o orienti ciò che gli utenti pubblicano.
La responsabilità nasce solo se Google ha conoscenza effettiva della presenza di contenuti illeciti e non interviene per rimuoverli. Le verifiche interne effettuate dalla piattaforma non costituiscono di per sé un controllo diretto sui contenuti e, di conseguenza, non bastano a escludere l’esonero di responsabilità previsto dalla direttiva.
Google non può essere considerata responsabile della pubblicazione di contenuti proibiti, come la pubblicità del gioco, a meno che non sia dimostrato un suo ruolo attivo nella loro elaborazione o diffusione. Né la monetizzazione né gli strumenti tecnici offerti ai creator costituiscono un’ingerenza sufficiente per qualificare la piattaforma come corresponsabile.
Dopo il parere non vincolante dell’Avvocato Generale, la decisione finale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea è attesa nelle prossime settimane, a seguito dell'udienza dello scorso 10 settembre.
FRP/Agipro
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